Doveva esserci un’orchestra ma il naufragio l’ha inghiottita e il capitano infuria di parole. Gli attori posano e la nave affonda, sale la musica dell’opera e poi voce. Tutti i musicanti sono persi tranne il violinista. E’ ancora viva la poesia, che da uno scrittoio rimesta i versi, mentre la scena è quel che resta di una gabbia.
Stringa le corde, Alexander Balanescu, muove le punte l’etoile Marie Agnes Gillot, balla Marigia Maggipinto e danza, invasata, Grazia Spinella, in un assalto cadenzato di dolce e rabbia. Pippo Del Bono è al timone. Lui scruta alla luce di una lampada i suoi poeti, interpretando istruzioni ritmate per l’uscita dall’inferno. Solo un lavoro di squadra, un’empatia corale, può spaccare una sbarra e rifiatare. Come un sussulto di resistenza, col moto sincronico che trascina fuori. E il danzatore indemoniato grida la rabbia in camicia bianca, trascinando le storie a gesti e crescendi vocali. C’era una volta un sindaco di scena, con la parrucca e un gran concorso di poesia, talmente vero e buffo da diventare uno stacchetto. Rimembra il mare il senso delle madri, coi figli in mezzo, presi nelle ombre, e tutto il dolore necessario del distacco, crudele Italia, sommersa da vendette e ritorsioni, stanza di mali amori e trame oscure.
Di nuovo le vele gonfie muovono i bastimenti e a bordo, casse di meraviglia spargono commozione. Tutti conosciamo certi versi, come fossero punti cardinali della memoria. Le parole di Dante e della Merini, la legge di Kafka e la sovversione di Artaud. L’arte è una schiusa dolorosa di marzo, fatta di uomini a margine sui passi fitti di Bobò, il folletto sordomuto rimasto una vita al manicomio di Aversa, e ora a capo delle visioni di scena, col clochard Lariccia e il giovane down Ballarè.
L’anestesia del buio precipita nei marosi e ce ne insegna il moto. Scorrono filmati amatoriali, profughi, dolori dal mondo sotto le danze tribali e furie di creta e tutù. Povero chi non combatte. Dopo due ore e passa si alza la risacca, la pesca torna e arrivano i matti. “Quelli li ho incontrati in manicomio, sono simpatici. Fuori invece è pieno di dementi”.
autore: Alfonso Tramontano Guerritore