Dopo i temporali delle scorse notti, il 26 giugno, Roma con la sua luna piena, accoglie sul suo suolo dei vecchi amici che non incontrava ormai da ben 22 anni. Pearl Jam al completo. Nessun gruppo spalla da intro, ma maxischermi che proiettano il primo goal di Messi al mondiale, e ciò preannuncia l’inizio di una giornata prodigiosa.
Le note di un pianoforte accompagnano l’entrata della band, seguita da un Olimpico colmo: il preludio di tre lunghe ore di puro rock. Poche note per rompere l’atmosfera mistica creatasi nello stadio. Release accende un sorriso sul volto di tutti, la voce calda di Vedder riscalda tutto il parterre che pian piano inizia a cantare con lui in crescendo, come a dargli un timido benvenuto. Accordi semplici che accendono l’anima, migliaia di mani rivolte al cielo, un abbraccio collettivo dal caloroso pubblico.
Benedetto sia il rock e i rockers che ci ricordano cosa sia la libertà, la forza, la rabbia e la vita, cosa significa essere in 70 mila persone uguali tra loro che cantano per lo stesso ideale, sotto la bella luna della Capitale. Era quello che l’altro giorno cercava di spiegarmi il mio amico Peppe, con il suo concetto filosofico-partenopeo di “essere componente” (be component) che mi ha fatto tanto sorridere quanto riflettere. Esser parte del tutto e contribuire nel proprio piccolo, ecco che l’Olimpico intero lo è stato.
Emozioni forti in risonanza con le note della chitarra di un irrefrenabile McCready che celebra ogni brano con un assolo dal gusto punk piacevolmente interminabile, a seguirlo Cameron, batterista indomabile, Ament al basso a cui lo stesso Vedder ha dedicato una canzoncina d’amore. Il tutto a dimostrare che i Pearl Jam non equivalgono a Vedder ma all’intera formazione in parti uguali, per tutto il tempo sono stati protagonisti, tutti allo stesso modo. Una grande lezione.
Immancabile giacca di pelle e camicia a quadrettoni blu inconfondibile come la voce calda di Vedder, perfettamente guarita nonostante il timore di molti.
A Elderly woman behind the counter, seguono i saluti in italiano del frontman che ricorda con malinconia il concerto di ben 22 anni fa a Roma e “l’abbiamo fatto di nuovo”.
Un attimo dopo e siamo sommersi dalle note di Interstellar Overdrive, prima delle cinque cover tradizionali della serata, che si fonde alla tanto amata quanto attesa Corduroy ed è forse in questo momento in cui ho capito davvero quale fosse il significato del concetto “be component” e mi sono resa conto di esser lì.
Gli animi si scaldano con Why Go, Do The Evolution il parterre diventa inevitabilmente mare agitato, le luci di fuoco dense di rabbia si tingono di puro grunge, il tutto risuona nel coro scatenato dell’Olimpico.
Pilate e Given To Fly entrambe di Yield, l’assolo culmina in un ennesimo brindisi. Even Flow, Vedder si libra in aria come sappiamo. Sì, stiamo assistendo al rock.
Mike McCready libera un assolo magistrale seguito alla perfezione di Matt Cameron alla batteria diventano i protagonisti del momento. A seguire Wasted e il momento di Wishlist che incanta con la sua ingenua dolcezza.
I momenti da rock sporco si alternano al sentimentalismo puro, mai alla malinconia. I Pearl hanno la capacità di raccontare anche le cose peggiori con quell’energia che serve per superarle.
Daughter, la figlia problematica e impaurita prende corpo ed energia nel gridare i suoi problemi e poi the “Shades go down” e la persiana si chiude. Il figlio adolescente racconta i “sogni in rosso” di sua madre innamorata dell’uomo sbagliato, che non crede esista Better man per lei.
Forse è questa la magia dei Pearl Jam, sanno prendere tutti gli aspetti dell’esistenza quelli tristi, negativi e portarli oltre rendendoli vita, prendendone la parte positiva.
I momenti più intimi sono quelli della dolcissima Wishlist, Immortality e quelli del primo bis dove Vedder con il supporto del suo fedele ukulele ci rende una indimenticabile Sleeping by Myself seguita da Just Breathe. Come vent’anni fa seduto, camicia a quadrettoni, capelli un po’ più corti, la voce più calda del rock che diventa leggera come un sospiro.
Il tutto culmina con la cover di Imagine, dove Vedder inneggia alla Pace invita tutti ad accendere la luce interiore, oltre quella dei cellulari, il canto è unico, la luce è intensa sotto la luna, lo stadio si accende come fosse la Via Lattea, uno dei momenti più intimi e toccanti, come cantare ad un falò sotto il cielo stellato, con 70mila amici.
Il rock puro deriva dall’ensemble di un gruppo affiatato guidato dalla voce perfetta di Eddie membro del gruppo, non leader ma guida che ha elogiato e condiviso lo spazio dei suoi compagni. Comportamento emblematico del loro pensiero di uguaglianza e ciò si diffondeva al pubblico appassionato che ha partecipato al massimo livello, bambini compresi. Un plauso a questi genitori che portano con loro i figli ancora piccini a eventi simili, ricci di significato, che nella vita non scorderanno mai, questo è proprio un atto di amore.
“Again Today” di Brandi Carlile, “Eruption” dei Van Halen, “Imagine” di John Lennon, “Black Diamond” dei Kiss, “Interstellar Overdrive” e al termine il classico di Neil Young “Rockin’ in the Free World” le cinque cover che hanno spaziato tra il metal, il punk, lo psichedelico, tra queste una lodevole Confortably Numb conclusa con un assolo di McCready che in quel momento ha raggiunto la perfezione, sottolineata dal silenzio assoluto degli spettatori.
Ultimo bis che racchiude Black, Rearviewmirror ed Alive. Tutta vita che salta ed urla dal prato agli spalti. Il termine dello spettacolo avviene con Rockin’ in the Free World promossa da una bandiera della pace indossata da Vedder con la scritta “fuck Trump”, che non lascia spazio a fraintendimenti.
La consapevolezza di aver assistito a qualcosa di grande arriva forse dopo non sentendo la nostalgia, riguardando e sfogliando tra i ricordi della mente, quando si sorride forse ingenuamente stupiti da ciò a cui si è assistito.
I Pearl ci hanno ricordato cos’è il rock “sporco”, il grunge, non la perfezione ma la musica forte, il grido, l’uguaglianza l’importanza della libertà, dell’amicizia dei diritti per cui loro tanto lottano.
È un concerto per bambini e sognatori, per coloro che vogliono sperare ancora in un mondo arcobaleno, che voglio far parte del tutto, con tutta l’energia che il rock può ancora dare.
E ricordatevi #becomponent.
https://pearljam.com/
https://www.facebook.com/PearlJam/
autrice: Noemi Fico
SCALETTA
Release
Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town
Interstellar Overdrive
Corduroy
Why Go
Do the Evolution
Pilate
Given to Fly
Even Flow
Wasted Reprise
Wishlist
Lightning Bolt
Again Today
Untitled
MFC
Immortality
Unthought Known
Eruption
Can’t Deny Me
Mankind
Animal
Lukin
Porch
Encore:
Sleeping by Myself
Just Breathe
Imagine
Daughter
Encore:
State of Love and Trust
Black Diamond
Jeremy
Better Man
Encore:
Comfortably Numb
Black
Rearviewmirror
Alive
Rockin’ in the Free World