Sono outsider dalla nascita: Michele e Romeo Stodart, leaders della band Magic Numbers, sono nati a Trinidad ma poi trasferitisi a New York e poi di nuovo a Hanwell, sobborgo di Londra, dove peraltro hanno conosciuto Sean Gannon (anche lui outsider in quanto irlandese), formando dunque il trio che costituisce il nucleo della band, con l’aggiunta poi della sorella Angela Gannon. Erano predestinati a scrivere questo disco, che è il loro quinto album, sempre con la loro etichetta Role Play Record. “Gli outsider sono come ci siamo sempre sentiti noi. Non siamo mai stati davvero all’altezza. Anche quando le cose si sono rapidamente intensificate e siamo finiti in qualche cerimonia di premiazione, ci siamo sempre sentiti come bloccati. Era il momento delle band indie come The Strokes e The Libertines – e poi lì ci siamo rialzati”.
A dir la verità da outsider nel 2004 agli esordi sono passati agli onori della fama per l’album omonimo di debutto, piazzatosi in top ten, e doppio disco di platino. A cui è seguito poi il tour con artisti del calibro di Brian Wilson, Neil Young & Crazy Horse, The Flaming Lips e Sonic Youth.
Dopo altri tre dischi, e episodi solisti di Michele (Wide-Eyed Crossing, nel 2012 e nel 2016 con Pieces) e svariate collaborazioni di Romeo con altri artisti, tornano con nuove motivazioni con questo disco prezioso e un tour di 25 date nel Regno Unito da maggio a giugno, iniziato al Globe di Cardiff il 10 maggio, con l’immancabile data all’ULU di Londra il 17 maggio.
Rispetto al passato, i Magic Numbers sembrano sin dalla prima traccia sperimentare qualcosa dei R.E.M. elettrici, oltre che mantenere l’ispirazione che li lega a band come Wallflowers e Band of Horses nell’essere l’attuale esternazione musicale di quel genere che va da Springsteen a Neil Young. Suoni di chitarra più ruvidi e blues più acuti del solito annunciano Shotgun Wedding, mentre The Keeper ha un chiaro riferimento, con il suo classico blues, ai T. Rex, come lo stesso Romeo ammette: “Sono sicuramente innamorato follemente della chitarra elettrica. Adoro i T. Rex e Bowie. L’incredibile tristezza di aver perso David Bowie, è stata comunque importante per recuperarlo e rimanerne ancora una volta ossessionato. Anche il modo in cui ci ha lasciato, è stata un’opera d’arte”. Ride Against the Wind, Runaways e il primo singolo Sweet Divide mantengono questa nuova impostazione, più elettrica e ritmata. Siamo al meglio del disco, ai pezzi che contengono le più forti novità, e che costituiscono anche la miglior dinamica del disco. Il quale dopo l’ottimo esordio si perde un po’ con pezzi un po’ troppo lenti e simili, da Wayward a Lost Children, Power Lines e Dreamer, tutte ottime ballate prese singolarmente ma forse poco digeribili se ascoltate di seguito. Fa eccezione Sing me A Rebel Song, che pur essendo un lentone anch’essa, ha un’anima melodica e intensa che la fa trarre dal fondo degli altri pezzi lenti, più anonimi.
Il disco si chiude quindi con questo desiderio di ribellione, di non inquadramento, che fa la rima con il tema principale: “siamo tutti dei grandi loser fottuti che cercano di dare un senso a qualunque cosa. Siamo sempre stati ‘Outsiders”. E l’unica salvezza per gli outsider, sembra dire Romeo nei testi, è semplicemente quella di esserlo insieme.
Il disco è certamente efficace, gli arrangiamenti di ottima qualità, la strumentazione ricchissima, sempre, anche nei pezzi più lenti. Il sound elettrico ravviva le sonorità della band, e li spinge fino ai confini dell’alternative, con esiti assolutamente piacevoli. Non siamo di fronte al loro capolavoro, ma certamente a un disco di potenziale alto come del resto la band ha sempre dimostrato di saper fare.
www.musicglue.com/themagicnumbers
https://www.facebook.com/TheMagicNumbers/
autore: Francesco Postiglione