Paolo Cantù, alias Makhno, per i più sprovveduti, è uno dei fari dell’indie italiano. Ha militato in molti autorevolissimi gruppi, tra i qualigli Afeterhours, i più intriganti Six Minute War Madness, A short Apnea, Tasaday e Unocode Duello. Oggi pubblica il terzo disco a suo nome. “Leaking words” esce a tre anni di distanza da “The third sason” e anche in questo caso l’artista lombardo fa quasi tutto da solo. Suona, infatti, tutti gli strumenti: chitarre, basso, batteria, drum machine, clarinetto, keyboards, nastri, elettronica, inoltre canta e ha registrato e mixato il disco. Ho detto che ha fatto quasi tutto da solo perché in alcuni brani compaiono alla voce alcuni suoi amici e colleghi storici, come Federico Ciappini (con Cantù nei Six Minute War Madness) ne “La ragazza in coma” e “Attese”, Hysm? in “Sunday Clouds”, Andrea “Marsala” Bordoni in “Can the World be as sad as it seems?” e Chiara Mattioli, che ha scritto il testo di “Techno (Berlino in Sottofondo)”.
Gli otto brani in scaletta sono caratterizzati dalla sperimentazione, spesso minimale e profondamente ispirata dal post punk più libertario. I brani sono quasi sempre intarsiati da più elementi, vuoi con approcci jazz, vuoi con attitudini noise, e con un accavallarsi di registri stilistici spiazzanti che rendono il disco estremamente intrigante e accattivante, almeno per chi cerca qualcosa di realmente innovativo nel rock.
Il noise martellante, ritmico e tribale de “La ragazza in coma” sorregge un testo che tratta di questioni operaie, mentre il no-wave/post punk robotico di “Techno (Berlino in sottofondo)” è inquietante e distrugge le certezze, improvvisando come nel brano successivo, “Slowing down (an aspect as a whole)” i cui spezzettamenti e accavallamenti improv-jazz evocano la migliore sperimentazione indie degli anni ’90.
Con “You Can’t Run the Church on Hail Marys”, Makhbo si dirige a modo suo, verso i territori del noise elettronico e industriale che metterebbe d’accordo Big Black, Shellac e Jesus Lizard, alternando momenti di sound sporco ad altri di sound più pulito.
Se con “Sunday Clouds” Makhno intreccia l’incompatibile, vale a dire canti gregoriani con la sperimentazione elettronica, in “Attese” si lascia andare al più puro cinismo spietato. Le schegge impazzite di “Not in Your Shoes” bilanciano la parte tesa e tiratissima di un sound inquietante e seduttivo allo stesso tempo. La chiusura del disco è dedicata alla lunga coda improv ,di oltre nove minuti e mezzo, di “Can the World be as Sad as it Seems?”. Un disco frutto di un lungo e ragionato lavoro di artigianato musicale, di un vero e proprio Homo faber.
autore: Vittorio Lannutti