Settimo lavoro per i texani Cup, anche se attualmente vivono a New York. I Cup sono un quartetto che ci dà dentro con un garage punk-blues degno dell’epopea degli anni ’90; genere che ha come tra i principali alfieri la Jon Spencer Blues Explosion, gli Oblivians, i Chrome Cranks e the Dirtbombs. Con ritmiche spesso sincopate ed ossessive il quartetto macina riff senza esitazione. Tra omaggi al noise e al jungle sound di didleyana memoria (“Apparition”) e il tirato garage che evoca i Bantam Rooster di “The dream”, il quartetto spara bordate di rock-blues circolare in accelerazione sia nell’evocativa “Realization” che nel punk-blues essenziale e scarnificato di “Mindreader”. Tuttavia, l’apoteosi viene raggiunta con il tiratissimo garage-blues di “Shallow pool” e nel velocissimo e corto (troppo corto) travolgente boogie blues di “Let me go”. I Cup non fanno prigionieri. Prendere o lasciare! Io prendo senza esitazione. Voi?
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autore: Vittorio Lannutti