Nel terzo disco il cantautore abruzzese esprime tutta la sua esigenza di liberarsi dall’oppressione dei messaggi ambivalenti che gli/ci arrivano quotidianamente dal mondo dei mass media e dai palazzi del governo. Seppure i toni e le sonorità siano accoglienti ed avvolgenti le canzoni sono tendenzialmente di rivalsa, di repulsione e caratterizzati dalla voglia di smascherare le ipocrisie sociali che ci circondano.
Paolo Tocco si conferma l’ottimo cantautore che è perché dimostra di essere in grado di guardare fuori e dentro di sé in altre parole, come si diceva negli anni ’70, unisce il politico e il personale. Gli undici brani sono tutti acustici e sostenuti da ballate cantautorali e a volte contaminate dal jazz (“Tom Waiz”, “Mary”), spesso cosparse di malinconia. (“Arrivando alla riva”, “Bolle di sapone”). Le liriche sono molto poetiche ed evocative a partire dalla title-track, nella quale si delinea un cantautorato di alta scuola tanto quanto “Traditional love song” dove emergono i grandi punti di riferimento dal passato, vale a dire De Gregori e De André.
L’unico brano un po’ frizzante è “La città della camomilla”, nella quale ‘processa’ quella spazzatura che è diventata la televisione. Un disco intenso e da ascoltare con cura, per apprezzarne le tante sfaccettature poetiche e musicali. “Ho bisogno di aria” è anche il titolo di un libro che Tocco ha scritto e nel quale omaggia Bukowski.
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autore: Vittorio Lannutti