E’ vero: il titolo di questo disco fa pensare al Seattle Sound ma con esso non ha nulla a che fare; il Grunge di Luca Sigurtà è piuttosto un viaggio trip-hop verso gli abissi, la colonna sonora perfetta per una discesa oceanica. Il mood infatti evoca ambienti acquosi, frammentati, che ricordano cartoline di un naufragio. I suoni elettronici risultano asettici come quelli delle macchine da scrivere e si amalgamano con strumenti più tradizionali come il pianoforte che seppur presenti, rimangono in sottofondo lasciando l’ascoltatore insicuro sulla loro esistenza, accrescendo così la sensazione di mistero. I giochi di voce (delegati a Chiara Lee, Francesca Amati, Black Sifichi e G.W. Sok) eludono la forma cantata e preferiscono un poetico “parlato” che sembra provenire dalle braccia di Morfeo e raccontano visioni sfuocate e sognanti. I tempi lenti e sfilacciati abbinati a sonorità industriali completano la sensazione di essere all’interno di una bolla liquida e sfuggente.
Nel disco viene bandita la pura melodia preferendole dei suoni che nulla hanno a che fare con il Grunge dei Nirvana ma che riconducono al significato del termine americano: torbido, bagnato. Infatti le otto tracce fanno pensare a qualcosa che precipita negli abissi con elevata lentezza, a qualcosa che affonda eternamente nell’acqua torbida.
Tra le tante preziose collaborazioni mi preme sottolineare quella con Matteo Bennici (bassista anche delle Luci della centrale elettrica) che mette a disposizione il violoncello in Topanga, il brano che chiude l’album lasciando un forte senso di smarrimento e malinconia.
www.silkentofu.org
www.lucasigurta.com
autore: Claudio Prandin