Ogni volta si suppone che sia l’ultima occasione. E perciò li si va a vedere. Ogni volta a fine concerto pensi: “questi qui fra due anni sono ancora qua, e saranno come e più tosti di adesso”.
I Rolling Stones sono un miracolo laico della natura, una forza energetica che in musica si è vista raramente, forse esistono solo altri due o tre casi di una potenza energetica simile alla loro età. Né i Pink Floyd né i Led Zeppelin (o meglio ciò che purtroppo resta di entrambi) potrebbero oggi reggere questi ritmi, quest’intensità di concerto.
Anche solo per questo, vedere i Rolling Stones in azione almeno una volta nella vita è quasi un obbligo morale: i 60.000 di Lucca (provenienti in realtà da tutte le parti di Italia, come Mick il curioso ha chiesto a un certo punto del concerto) hanno assolto a quest’obbligo con disciplina e rigore, partecipando a un evento meraviglioso, magico, che nella sua specialità ha fatto anche mettere a tacere i non pochi problemi organizzativi e logistici.
Nella cornice, per l’appunto inadeguata a dir poco, del parco delle mura di Lucca, 60.000 persone si sono ritrovate strette come sardine a vedere un concerto su una distesa stretta e lunga di prato che inspiegabilmente nella parte più lontana dal palco terminava con passerelle sopraelevate che hanno impedito a chi stava dietro di vedere anche solo i maxischermi. Comunque, questo non ha impedito a nessuno di divertirsi alla grande, anche perché con gli Stones è impossibile diversamente.
Partono alla grande, con un effetto di luci che simula l’incendio del palco, con Sympathy for the Devil, ed è già delirio, soprattutto perché dopo arrivano It’s only Rock and Roll e Tumbling Dice. E’ poi il momento, aspettabile ma non così atteso, dei pezzi dal nuovo disco dell’anno scorso, il sorprendente e positivo ritorno al blues originario con Blue and Lonesome del 2016.
Just Your Fool e Ride’em on Down sono il dovuto tributo a questo disco che rappresenterebbe il motivo del loro nuovo tour No Filter, ma subito si torna ai classici con una canzone estratta dai voti dei fan, ed è Let’s Spend the Night Together.
C’è un altro momento di relativa calma, con la quasi inedita As Tears Go By, canzone scritta in italiano negli anni ’60 che Mick e gli altri suonano in omaggio all’Italia (ma testo e musica sembrano più una presa in giro verso i nostri gusti sanremesi), e poi arriva il primo vero momento top del concerto: una lunghissima e tiratissima You can’t always get what you want, che si conclude due volte in versione blues elettrico, e poi un classico dei classici, la monumentale Paint It Black. Con Honky Tonk Women, e soprattutto con i due brani cantati da Keith, Happy e Slipping Away, gli Stones sembrano prendersi quasi una pausa. E’ forse il momento più basso, se così si può dire, con Keith che canta scanzonato e sornione, dimenticandosi di intonare e a volte dimenticandosi del microfono più volte, e i ritmi complessivi non al massimo.
Qui qualcuno avrebbe potuto pensare che data l’età della band siamo finalmente al punto di non ritorno. Ma sembra in realtà tutto fatto apposta per smentire i malpensanti perché si riprende con Miss You e poi arriva una sequenza micidiale, che fa spalancare la bocca a tutti gli spettatori: Midnight Rambler e Street Fighting Man vengono suonate a intensità e decibel incredibili, la prima per ben dieci minuti o quasi, ed entrambe vedono protagonista assoluto Ronnie Wood, che solo perché c’è un altro membro che si chiama Keith Richards può essere considerato seconda chitarra, ma che dimostra sul palco di non essere secondo a nessuno. E’ lui che regge gli assoli e l’intera band sul palco in questi due pezzi, e si dimena non meno di Mick, dando la carica a tutti i 60.000. A questo punto, la sensazione è che la briglia fin qui tirata sia del tutto sciolta: Start me Up, Brown Sugar e Satisfaction concludono in maniera dirompente un concerto già fin qui incredibile.
C’è ancora tempo per il bis, per il quale Jagger e gli altri non si fanno attendere nemmeno tanto: Gimme Shelter e Jumpin Jack Flash concludono, tra i fuochi d’artificio immancabili nel finale, un concerto di ben 20 pezzi, pochissimi per il repertorio sterminato della band, certo, ma tanti se si pensa agli standard attuali di band molto più giovani, che si permettono di lasciare il palco anche dopo 16-18 pezzi.
Gli Stones, invece, lasciano dopo 20 pezzi di cui molti suonati all’infinito, e con una intensità che le nuove generazioni musicali di oggi si sogneranno per il resto della loro vita.
Sono unici, lo sapevamo già. Sono la storia e insieme la leggenda del rock. La storia, perché l’hanno fatta loro. La leggenda, perché chiunque abbia assistito a questo spettacolo si rende conto che c’è qualcosa di inspiegabile, misterioso, persino paranormale in quello a cui ha assistito. Per loro, in musica, si potrebbe parafrasare quanto Einstein disse di Gandhi, senza paura di essere blasfemi e eccessivi: fra molto tempo, si farà fatica a immaginare che una band così è esistita davvero sul pianeta Terra, e soprattutto abbia avuto 50 anni di carriera conclusi in questa forma splendida e immortale.
Sì, lasci un concerto degli Stones nel terzo Millennio e pensi: fra due anni saranno ancora qua. Questi non li abbatte nessuno. Chi si aspettava solo l’evento e la celebrazione, la festa e la forma, si è dovuto ricredere. C’è stata dell’ottima musica, merito anche dei fantastici collaboratori sul palco dei quattro “ragazzini”. Non è stato un concerto tributo, è stato un concerto tiratissimo, soprattutto da metà in poi, dove intensità e qualità sono state di livello altissimo.
Sarà solo rock and roll, ma chiunque pensi che i concerti di queste band a fine carriera siano solo un carrozzone deve prima vedere gli Stones per poi parlare. Ma non c’è fretta, c’è tutto il tempo. Le linguacce più famose della storia del rock sono immortali!
autore: Francesco Postiglione
foto: Alessandro Colasanto
SCALETTA:
“Sympathy for the devil”
“It’s only rock’n’roll (But I like it)”
“Tumbling dice”
“Just your fool”
“Ride ‘em on down”
“Let’s spend the night together”
“Con le mie lacrime/As tears go by”
“You can’t always get what you want”
“Paint it black”
“Honky tonk women”
“Happy”
“Slipping away”
“Miss you”
“Midnight rambler”
“Street fighting man”
“Start me up”
“Brown sugar”
“(I can’t get no) Satisfaction”
Bis:
“Gimme shelter”
“Jumpin’ Jack flash”