Nessun nickname potrebbe definirla meglio: Azniv Korkejian è nata in Siria da genitori armeni, ha vissuto l’adolescenza in Arabia Saudita, e poi si è trasferita in America con la Green Card dei genitori, vivendo tra Boston, Houston, Lexington, Austin, e Savannah, e infine a Los Angeles dove ha stabilito la sua casa. La sua storia come musicista e cantautrice inizia con l’incontro con Gus Seyffert, con quale incide la canzone Solitary Daughter in un colpo solo, per poi dare vita a una collaborazione durata tre anni. E poi c’è l’incontro con Matthew E. White alla Spacebomb Records, a cui fa ascoltare One of These Days. Infine la collaborazione con Smokey Hormel e Trey Pollard agli arrangiamenti, che la porta a incidere trenta canzoni di cui in questo disco omonimo ne seleziona dieci, fra cui i suoi iniziali cavalli di battaglia già citati, che effettivamente restano alcuni dei componimenti più belli.
Azniv si muove tra folk e country, e purtroppo, con sorpresa, c’è poca contaminazione con la musica mediterranea, o con qualsivoglia traccia di world music o musica etnica. Azniv sembra aver dimenticato le sue radici, o quantomeno musicalmente esse influiscono meno di quanto abbiano fatto le leggende al femminile del folk, da Joan Baez a Jodi Mitchell, perché in realtà i dieci pezzi sono tutti costruiti sulla sua voce sussurrata, folkeggiante senza dubbio ed espressiva, ma non particolarmente indimenticabile o riconoscibile, e strutturati su arrangiamenti principalmente di chitarre acustiche e ritmi dolci di accompagnamento.
Bedouine narra più che cantare, sussurra più che gridare, e mantiene sempre lo stesso tono, dolce e mai sconfinante. Si insinua perfettamente nella tradizione delle grandi voci femminili del genere, ma non innova, eppure ci sarebbe stato un potenziale devastante nel mescolare la cultura folk e soul a cui si ispira con le tradizioni della musica araba e mediterranea da cui proviene geograficamente.
I testi di Solitary Daughter ricordano le sue radici, ma non la musica, che è tutta descritta nel pezzo di ingresso, una specie di manifesto, Nice and Quiet. E Bedouine è proprio così, prendere o lasciare, almeno per il primo disco. Sperando che la contaminazione influenzi le sue prossime produzioni.
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autore: Francesco Postiglione