Quel camicione a quadri consunto, il baseball hat che scompiglia i capelli, un sorriso stampato e sincero con una voragine tra gli incisivi, quella mano alzata a segnare “due” con le dita e la chitarra in braccio. Ogni volta che ascolto qualcosa di Mac DeMarco questa è la prima immagine che mi affiora in mente: sostanzialmente la copertina del disco “2”, che portò la simpatica canaglia canadese alla ribalta con la Captured Tracks. Ciò che colpisce di DeMarco è l’assoluta eterogeneità delle sue influenze, le quali finiscono per generare qualcosa di così omogeneo e personale. Lo stile dello strimpellatore di Alberta, infatti, unisce elementi provenienti da tutto quello che il rock ha prodotto negli ultimi sessanta anni, li frulla per bene nel mixer che ha nella testa, e ne partorisce un pop volutamente lo-fi, che lui ha definito jizz jazz, che fonda un modo di fare cantautorato contraddistinto da tanta autoironia, un raffinato eclettismo, ma sicuramente una onestà artistica rara come un diamante da cinquecento carati.
Sembra un gran paradosso, ma un esempio può chiarire le cose: quando “This Old Dog” è stato leakato (gergo per intendere che il disco è stato diffuso prima dell’uscita ufficiale tramite i canali di download illegale), il buon Mac è salito sul palco del Coachella Festival e ha gridato “Il disco è finito online ieri e sapete una cosa? Non me ne frega un c***o… scaricatelo! PirateBay, torrents.to, SoulSeek, Napster, LimeWire, Kazaa… prendetelo!”. Ecco, questo spiega un bel po’ di cose.
Venendo al disco, e cercando di restare seri dinanzi alla infinita ironia dell’artista, DeMarco non ripropone suoni già sentiti, o meglio sperimenta sempre restando nei suoi panni. Le atmosfere rock’n’roll sbiadite di “2” e “Salad Days” lasciano spazio, stavolta, ad un sound da ballad di fine 70’s, che pervade, tra l’altro, l’intero disco. L’amore per i classici del rock, e in particolare per gli Steely Dan, c’è ma non annoia; se il suono è familiare e melodico, le liriche continuano ad arricchire il weltanschauung del cantautore canadese.
Spiccano la quasi-folk “My Old Man” e la curiosa “Baby You’re Out” a metà tra Bob Dylan e i Blur (sì, anche incontri simili sono possibili in un album di DeMarco), con una vena analoga che si perpetua anche nell’ingresso di armonica di “A Wolf Who Wears Sheeps Clothes” e in “One Another”. Tuttavia, a meravigliare è il passo in avanti nel tempo che l’artista ha saputo compiere: “For The First Time”, “One More Love Song”, “Moonlight On The River” segnano un incursione marcata di tastiere, sintetizzatori, riverberi, code strumentali, che spostano il sound di DeMarco avanti di una decade rispetto ai suoi classici riferimenti, a cavallo tra il prog rock più “pop” di certi Pink Floyd e tardi Genesis. Fino a raggiungere una vetta inedita di umorismo e musica con il video di “On The Level”: un jingle di tastiera totalmente demodé che fa da sfondo ad un assolutamente fuori luogo Darth Sidious (Il malvagio imperatore del Lato Oscuro della Forza in Star Wars) oscillante durante tutto il brano. Un’immagine e una musica che sarà dura togliersi dalla testa. [Nda: DeMarco è grandissimo fan della saga di George Lucas, tanto da aver recensito personalmente “The Force Awakens” su Pitchfork]
Mac DeMarco resta difficile da giudicare con uno sguardo prettamente tecnico e critico. Le sue influenze sono spesso non solo ispirazioni, ma materia prima per i suoi brani, i quali, per un ascolto superficiale, possono apparire anacronistici e poco originali. Poi, però, si fa caso ai testi a volte non-sense e altre volte romantici, alle immagini ironiche che vengono evocate, ai suoni malinconici, all’insieme di sensazioni che comunica un disco come “This Old Dog”, e diventa chiara la genialità fuori gli schemi di DeMarco.
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autore: Gabriele Senatore