Proseguono senza sosta i viaggi sonori di Teho Teardo alimentati da suggestioni visuali. Dopo le numerose e fortunate soundtracks per il cinema (tra gli altri Il Divo, Gorbaciof, Quo vadis, baby?, Diaz), l’ispirazione giunge questa volta dalla ricerca antropologica che il fotografo francese Charles Fréger ha condotto tra il 2010 e il 2011 in diciotto paesi europei, alla scoperta di ancestrali ritualità pagane impersonate dagli “uomini selvaggi”, figure archetipiche presenti in molte culture “in via di estinzione” che, con i loro costumi zoomorfi e le loro maschere tribali, continuano da tempo immemore a celebrare il ciclo delle stagioni e ad esorcizzare la paura nei confronti delle misteriose forze della natura.
La serie di fotografie, che immortala queste isole di primitività emergenti nell’oceano della nostra contemporaneità, viene tradotta da Teardo attraverso il contrasto/connubio fra un presente digitale proiettato nel futuro e un passato analogico gravido di nostalgie. E così le brulle praterie elettroniche di “Music For Wilder Mann”, battute da gelide correnti, svelano ad un occhio attento le residue tracce del passaggio di umanità randagie: graffi elettrici, echi di dulcimer, harmonium, vibrafono, una voce atavica o ciò che resta di essa, cupi lamenti di violoncello (suonato dalla fida Martina Bertoni, da Julia Kent o da Erick Friedlander), severi dialoghi tra gli archi (il Balanescu Quartet in tre episodi).
Per quanti volessero sperimentare l’incontro ideale di audio e immagini, il consiglio è di reperire nello stesso momento il CD e il volume fotografico (edito in Italia da Peliti con il titolo di “Wilder Mann o la figura del selvaggio”), oppure, ancora meglio, spostarsi a Parigi in occasione della prossima Biennale, quando Teardo e Frèger presenteranno insieme il progetto “Wilder Mann”.
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autore: Guido Gambacorta