Un buon disco può essere snobbato o lasciarci indifferenti, è una contraddizione della nostra epoca ma succede spesso e suppongo che anche voi potreste citarmi una pletora di album per i quali provate questi sentimenti contrastanti.
Magari è buono dal punto di vista compositivo ma risente di una produzione piatta, magari a giocare nell’inflazionato girone di Wild Beast, Alt-J e ultimi Tame Impala dopo un pò nessuno ricorda più niente o forse l’eccessiva omogeneità dei brani annoia chi si ferma in superficie.
In ogni caso, questo Sunlit Youth non ha raccolto quanto avrebbe meritato eppure per l’indie pop band californiana il tentativo di realizzare un disco diverso dai due precedenti è riuscito.
I suoni molto levigati dall’abbondante uso di synth ed electronics ben si prestano a dar forma a questo indie-soul morbido dall’elevato indice glicemico. La continua ricerca del coretto pop epico e perfetto, le vocals efebiche ed il neoromanticismo alla Blood Orange costituiscono la trama di un disco che parla di ripartenze, di nuove vite da cominciare, delle stesse vecchie vite di cui riappropriarsi e dalle quali ripartire, di nuove speranze riflesse dai caldi raggi del sole di Los Angeles.
Un album moderno, certo, ma che a dispetto delle sue intenzioni liriche e narrative genera un misto di nostalgia ed edonismo al quale è impossibile resistere.
Verificatelo ascoltando brani come Coins o Mother Emanuel, Ellie Alice o Psycho Lovers dal refrain un po’ Depeche Mode e ci cadrete dentro come mosche in un barattolo di miele.
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autore: A.Giulio Magliulo