Il destino dei Tuareg sembra segnato dall’eterna sofferenza e dalla difficoltà a sentirsi accettati in quanto nomadi, gli ultimi problemi che hanno vissuto riguardano la guerra civile in Mali che ha infiammato il loro territorio. Se il contesto nel quale si muovono i Tinariwen è quello di aspri conflitti, compreso paesi come il Marocco, l’Algeria, la Francia e la California luighi dove oramai risiedono i nostri.
“Elwan” non è un disco di diretta denuncia alla guerra civile e a coloro che l’hanno innescata, tuttavia, è un disco militante nel quale ad emergere è la quotidianità. La struttura musicale è quella a cui il gruppo ci ha abituato, vale a dire un folk-blues elettrificato con diverse variazioni sul tema. Tra queste vanno considerate anche le illustri collaborazioni: Kurt Vile, Mark Lanegan, Matt Seeney e Alain Johannes.
In questo lavoro è maggiormente forte la propensione spirituale, oltre a dei richiami più forti al mondo arabo, riuscendo nella difficile impresa di fondere blues e folk arabo (“Talyat”). Rimane molto marcato il desert-blues, con ritmiche fortemente circolari e profonde (“Tinàyyen”) e non mancano le spinte verso il rock (“Sastanàqqòam”), o verso un folk maggiormente ritmato e ballabile (Assàwt”). In mezzo vi sono anche momenti riflessivi (“Ittus”) e fortemente malinconici (“Fog edaghàn”). Intriga e affascina l’intervento di Lanegan in “Nànnuflày”, nella quale utilizza una tonalità da blues Usa delle origini. “Elwan” vuol dire elefante, che rappresenta il percorso lento ed inesorabile di uno dei migliori gruppi folk a livello mondiale.
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autore: Vittorio Lannutti