E’ certo che la musica d’autore deve rendere grazie alla famiglia Wainwright: abbiamo imparato in questi anni ad amare Rufus, ed ecco che la sorella Martha, per molto tempo cresciuta nella sua ombra come corista, si fa apprezzare in questi anni, e mai come ora nel nuovo disco, per le sue doti cantautorali.
L’album di debutto è arrivato nel 2005, con titolo omonimo. La critica lo ha sostenuto e dopo la collaborazione con gli Snow Patrol con cui ha inciso il singolo Set the Fire to the Third Bar nel 2006, nel maggio del 2008 ha pubblicato il suo secondo album: I Know You’re Married But I’ve Got Feelings Too. E l’anno dopo addirittura un album di cover e omaggi per Edith Piaf. E poi il devastante Come Home to Mama, pieno di dolore per la morte della madre.
Adesso è la volta di Goodnight City, dove le sonorità di Martha sembrano aver raggiunto la piena maturità: il suo stile è quello di una melodia folk dolce, dove la batteria è sempre soffusa è mai tamburellante, e dove ogni arrangiamento sembra pensato per far emergere la voce e la chitarra acustica.
L’impianto di tutte le canzoni, fatto tipicamente cantautorale, è fortemente narrativo: anche per questo Martha si avvale di cantastorie e romanzieri come Merrill Garbus, Glen Hansard, Michael Ondaatje, Beth Orton, che hanno contribuito alla scrittura dei pezzi.
Ogni traccia infatti è una storia, un racconto, a partire dal primo pezzo, il delizioso primo singolo Around the Bend, o a Traveller, o Alexandria: siamo in presenza di una voce suggestiva, che sussurra all’orecchio racconti, provenienti da altri tempi e altre dimensioni.
E’ anche un disco molto autobiografico, come sempre in Martha (Window, Francis): forse per attenuare il sapore quasi intimo dei suoi racconti personali Martha ha lasciato che sei pezzi fossero scritti da altri, ma siamo sempre in famiglia alla fine: dalla zia Anna McGarrigle al fratello Rufus, gli autori sono sempre lì, accanto a lei, come il marito Brad Albetta che è produttore del disco.
Tutta questa partecipazione familiare forse per esorcizzare il precedente disco, dedicato alla madre, e pieno di dolore viscerale. Fatto sta che la formula qui funziona, perché l’intimismo e contemporaneamente la forza evocativa di alcuni testi trovano però giusto corrispondente in uno stile finalmente puro e meno selvaggio, dolce anche se mai banale.
autore: Francesco Postiglione