Gemma Ray sarà in Italia a febbraio per sei tappe concentrate tra il centro e il sud dello Stivale, dopo un incessante tour partito più o meno da marzo del 2016 in Europa e che tra novembre e dicembre ha poi toccato finanche gli Stati Uniti.
La cantante britannica, ora di stanza a Berlino, ha rilasciato il 20 maggio – in Italia il 10 giugno – l’ultimo album “The Exodus Suite” attraverso la Bronze Rat Records, label inglese inizialmente nata per la sola pubblicazione delle release della Ray, ma che poi nel tempo ha allargato il proprio circuito con “l’arruolamento” di band di culto quali i Boss Hog di Jon Spencer e moglie o come l’esperto musicista blues statunitense Seasick Steve.
“The Exodus Suite” trae beneficio e fluidità dall’immediatezza di un sound edificato e registrato in presa diretta, laddove le pulite sonorità assemblate sapientemente dall’esperto Ingo Kraus, co-produttore di questo LP, fanno da cornice ideale alla voce limpida ed energica della vocalist originaria dell’Essex.
I toni spesso sono scuri, ma ciò che emerge al di sopra di ogni altra cosa è un cantautorato sopraffino ed elegante, con i testi concentrati su tematiche politiche e sociali alternati a liriche intimistiche e personali. Ironia della sorte, nei pressi del Candy Bomber Studios di Berlino dove è stato prodotto il disco, durante i giorni delle registrazioni furono rifugiati alcune migliaia di profughi siriani e ciò deve aver influenzato la cantante a rafforzare taluni argomenti, così come anche il titolo del disco lascia trasparire: nei testi si parla di esodo, esilio, disparità sociali e una visione critica dell’umanità rispetto alle attuali chiusure.
Il songwriting è il perno centrale di tutto il progetto e Gemma rivendica una gran cura nell’usare sapientemente suoni e parole, ma è soprattutto il registrato live che premia l’autrice per la sua audacia a dimostrazione di carattere e consapevolezza dei propri mezzi, oltre all’intuizione di un sound disinvolto nel suo modo di essere articolato, con atmosfere magnetiche ed ammalianti che rapiscono l’ascoltatore e infondono gli stati d’animo della musicista attraverso un percorso in continua evoluzione e con derive ed escursioni anche inaspettate ai temi portanti delle esecuzioni, come accade ad esempio in ‘Ifs & Buts’, montata altresì sulla spina dorsale di un basso persistente.
Le sonorità spaziano a seconda dell’emotività del brano, ma il grosso è orientato verso un vellutato folk psichedelico dal sound ricco e concepito con gusto per il quale bene si associano gli ascolti in cuffia proprio in virtù della produzione accurata del disco e per il quale si denotano idee chiare e determinazione, oltre all’ottimo orientamento estetico subordinato all’equilibrata scelta della strumentazione adoperata in un set-up che comprende chitarre, mellotron, organo, synth, percussioni, basso, lap steel guitar con Carwyn Ellis ospite al piano e al Wurlitzer e l’affidabile polistrumentista/tuttofare Andrew Zammit, puntualmente pronto in ogni veste assegnata.
La cantante sarà in Italia per i seguenti appuntamenti live:
– 7 Febbraio Livorno, Ex Cinema Aurora;
– 8: Febbraio Sora, Deliri Cafè Bistrot;
– 9 Febbraio: Campobasso, Brickout;
– 10 Febbraio: Napoli, Mamamu;
– 11 Febbraio: Avellino, Godot Art Bistrot;
– 12 Febbraio: Roma, Le Mura.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Gemma Ray a proposito del suo nuovo album e dell’imminente passaggio in Italia.
FO: Ciao Gemma, molto lieto di averti con noi su Freak Out Magazine. Sei soddisfatta dei risultati raggiunti da “ The Exodus Suite”?
GR: Si, ma per me il momento di maggior soddisfazione è stato quando è terminato il missaggio e il mastering oltre all’artwork del libretto. E’ davvero una cosa magnifica l’aver ricevuto una reazione tuttavia positiva e sembra che gli ascoltatori siano entrati in sintonia col disco nel modo in cui speravo.
FO: Personalmente apprezzo tanto la fluidità dovuta al modo di comporre dal vivo, raccontaci la tua esperienza in studio per le registrazioni di “The Exodus Suite”, come hai costruito il sound di questo album? Come hai scelto “il team” per costruire il suono di questo nuovo lavoro?
GR: Non ho composto le canzoni dal vivo, anche se qualcuna di esse sembra essere diventata molto porosa nell’ambiente in cui mi sono ritrovata e alcuni testi si sono evoluti conseguentemente alla suite. Ho lavorato sui brani intensamente prima di andare in studio con Andy Zammit, alla fine è stato registrato live senza opzioni di correzione ed editing, inclusa la voce la quale è una parte consistente del mood e il suono delle registrazioni.
Ho scelto il Candy Bomber Studio a Berlino siccome ho il 110% di fiducia in Ingo Krauss (l’ingegnere che ha co-prodotto l’album) e sapevo che anche lui nutriva la fede in me, oltre all’incoraggiamento del quale avevo bisogno per rimanere fedele al mio progetto di registrare dal vivo, tutto unito a spirito ed ethos altrettanto giusti per impegnarsi in questo modo di lavorare. Abbiamo parlato molto sul come ottenere un cantato molto presente e sfrontato, con il tutto leggermente spinto verso il rosso.
FO: Lavorare registrando dal vivo, come in questo disco, certamente da più possibilità di ottenere un suono molto più naturale e istintivo. Era questo il sound che ti aspettavi? Avete lavorato molto dopo le registrazioni per ricostruire il risultato che attendevi?
GR: Volevo registrare e documentare i suoni e l’atmosfera che Andrew Zammit ed io abbiamo creato durante i nostri show dal vivo e senza alcun ospite speciale ecc…(comprese tutte le limitazioni dovute al nostro set-up in duo; anche se abbiamo chiesto ad un nostro amico di venire per uno o due giorni a registrare un tocco di lapsteel, dato che alcune tracce necessitavano veramente di isolare un pò la fascia dei bassi), ma il grosso l’abbiamo fatto solamente io e Andy.
Volevo che il tutto avesse un suono molto calibrato e con sovraincisioni minime e Ingo ha contribuito a trasformare il sound che abbiamo dal vivo in un’esperienza altrettanto coinvolgente per l’ascolto domestico. Andy Zammit è, nel concreto, l’unico membro “stabile” della mia band ed è stato davvero bello suonare queste canzoni dal vivo, pressappoco come sono sul disco.
Non ci è voluto molto a catturare il sound, dato che Ingo è un’autentica leggenda dello studio, così abbiamo stabilito e iniziato a montare i takes più o meno nell’immediato. Io sono molto collaudata con i suoni che utilizzo e Ingo ne aveva già familiarità dal precedente disco che abbiamo prodotto insieme, inoltre ha un suo stile ben distinto, così il tutto è venuto fuori in maniera naturale.
Ero alla ricerca di un sound profondo e coinvolgente che speravo mi avrebbe fatto interagire con il prossimo in un modo primordiale, gutturale, puro, imperfetto e istintivo.
FO: Sei nata a Basildon, qui in Italia conosciuta soprattutto per essere la città dei Depeche Mode…li hai mai incontrati? Che tu sappia, hanno mai ascoltato la tua musica?
GR: Hmmm forse… Credo di essere nell’elenco delle persone famose di Billericay su Wikipedia – Billericay è la località attigua dove sono cresciuta e io non sono certa di essere così famosa!
Anche Ian Dury è di Billericay – vedi la canzone “Billericay Dicky” – ma è molto triste il fatto che non così tanti artisti emergono da li oggigiorno, forse perché non c’è molto incoraggiamento per gli artisti locali malgrado la cittadina si trovi ad uno sputo da Londra.
FO: Adesso risiedi a Berlino, come valuti la scelta dei cittadini del Regno Unito di uscire dalla Comunità Europea?
GR: La Brexit è stato un accadimento molto triste e imbarazzante per tutti coloro che conosco nel Regno Unito. Non mi ha ancora interessato in maniera pratica anche se sono sicura che succederà…
FO: Dal 2008 a oggi hai lavorato tantissimo, sette album in otto anni…quale è il tuo segreto per mantenere intatta la vena compositiva?
GR: Non mi sono mai sentita come se non ci fosse abbastanza tempo per registrare tutto quello che scrivo! C’è sempre una scintilla di ispirazione che alimento e che cerco di non dare per scontato. Credo che devo solo cavalcare l’onda nel caso ci impiegherà un pò la prossima volta prima di tornare…
Io concentro la mia vita attorno all’essere creativa, al crearmi uno spazio per me stessa dove poter sognare, e sopratutto al non farmi coinvolgere in compromessi finalizzati a fare carriera che potrebbero danneggiare quella parte di me, o rendermi cinica. E’ molto impotante per me evitare tipi di artisti pretenziosi o amaramente guidati “dall’industria” e conservare il mio amore per l’arte come un puro e salutare centro della mia esistenza. Naturalmente a volte può anche farmi impazzire e spesso la logistica e le situazioni possono essere molto difficili quando si fanno le cose in maniera punk rock, ma in definitiva è questo che mi fa apprezzare i momenti di creazione ancora di più. Inoltre si tratta di una necessità più che un desiderio…quindi a meno che non subisca un cambiamento totale di personalità, continuerò a scrivere e registrare anche se non sempre in maniera commerciabile.
FO: Hai fatto delle collaborazioni importantissime, ad esempio con Howe Gelb, che aneddoti ci puoi raccontare su questa collaborazione?
GR: Lavorare con Howe Gelb è stato magico, mi ha mandato alcuni testi e takes di voce molto commoventi, non potevo credere quanto fosse in sintonia con il lato più personale di ‘The Wheel’. Ero al settimo cielo per i suoi input e allora abbiamo fatto un concerto speciale insieme nel Regno Unito.
FO: E’ da poco scomparso Alan Vega, la vostra “Motorbike” è irresistibile. Un tuo ricordo del grande Vega?
GR: Quando ho scritto “Motorbike”, sapevo che non dovevo avventurarmi troppo verso una direzione da “girl group”. Veramente non volevo che fosse un pastiche e mi piaceva l’idea di giustapporre questo concetto con il polo opposto di un cliché di una ragazza adolescente (ho sempre sentito questa song come una traccia in stile Shangri La!). La produzione finì con l’essere un omaggio ai Suicide e pensai che potevo anche chiedere ad Alan Vega stesso, ma senza aspettarmi una risposta. Invece successe che gli piacque la traccia e mi inviò varie improvvisazioni vocali e parole. Fu veramente incredibile ascoltare i suoi takes e averlo all’interno del mio mondo per un pò…Quale onore! Mi sento ancora barcollante da questa esperienza, così come per me è stato triste sapere della sua scomparsa. Che fonte di ispirazione è stato per così tanti artisti di tutto il mondo.
FO: Come sta procedendo il tuo tour? Sei andata a suonare finanche negli States…sarai in Italia per qualche live?
GR: Il tour è stato fantastico! Stiamo ‘on the road’ da Settembre ed è proseguito negli States fino a metà dicembre. Saro’ in Italia a Febbraio… adoro l’Italia e non vedo l’ora di tornarci. Dopodiché mi prenderò un pò di vacanza!
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Autore: Luigi Ferrara
Photo Credits: Matt Thorpe
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FO: Are you satisfied with the results achieved by “The Exodus Suite” so far?
GR: Yes, but for me the moment of satisfaction is when I finish the mixing and mastering and sleeve artwork. It’s really nice that it’s had a positive reaction though, and seems to have connected with people in a way that I had hoped it would.
FO: Personally I appreciated very much much its fluidity, given by the way of composing it ‘live’: can you tell us something about your experience in the studio for the recordings of The Exodus Suite? How did you build the sound of this new album? How did you choose the right musicians to achieve the sound you had in mind? Is it the same ensemble that backs you on stage?
GR: I didn’t compose the songs live, though some songs did seem to become very porous to the environment I found myself in and certain lyrics evolved accordingly in situe. I had worked on them intensely before going into the studio with Andy Zammit, but it was recorded live, with no option to edit and correct, including vocals which is a big part of the records mood and sound.
I choose Candy Bomber Studio in Berlin as I had 110% trust in Ingo Krauss (the engineer who co-produced the record) and I knew he had the faith and encouragement in me which I needed in order to maintain my plan to record live and the right spirit and ethos to commit to this way of working. We had talked about getting a very present, big ‘in-your-face’ vocal, with everything slightly pushed into the red.
FO: Live recording certainly gives music a more “natural” and instinctive feel. Was the result close to what you had in mind in the beginning? Did it take long to structure the sound you were looking for?
GR: I wanted to record and document the sounds and atmosphere that Andrew Zammit and myself had been creating in our live shows, without any special guests etc… (including any limitations that our duo set-up created, though we did have a musician friend come by and lend some bass and a touch of lapsteel for a day or two as some songs really needed a little more pinning down in the bass end) – but mostly it’s really just Andy and myself.
I wanted it to have a very focused sound with minimal overdubs, and Ingo helped to transform our live sound into a transportative home- listening experience too.
Andy Zammit is the only consistent band member I have and it’s been really great to play these song live pretty much as they are on record.
It didn’t take us long to capture the sound as Ingo is a total legend in the studio, and so we set up and started cutting takes pretty much immediately. But I am very set in the sounds I use and Ingo is very familiar with that already from previous records
we’ve made together, and also has a very distinct style, so the whole thing came together very naturally. I was looking for a deep immersive sound that I hoped would connect with other human being in a primal, guttural, pure, flawed and instinctive way.
FO: You are from Basildon, which here in Italy is especially known for being the home town of Depeche Mode…have you ever met them? Do you know if they have ever heard your music?
GR: Hmmm maybe…. I think I’m listed as a famous person from Billericay on wikipedia (Billericay is the neighbouring town where I grew up, I thought not so sure I’m so famous!).
Ian Drury is from Billericay too (“Billericay Dicky”) – but sadly not so any artists emerge from there nowadays, maybe because there isn’t much encouragement for artists locally, despite it being spitting distance to London.
FO: Now you live in Berlin, how did you live the choice of UK to get out by the European Community?
GR: Brexit was very sad and embarrassing for everyone that I know from the UK. It hasn’t affected me in a practical way yet though I’m sure it will…..
FO: Since 2008, you’ve worked very hard, releasing seven records in eight years…what is your secret to keep your artistry intact?
GR: I never feel like there is enough time to record everything I write! There is always a spark of inspiration which I nurture and try not to take for granted. I guess I just keep on riding that wave incase it takes a while for the next one to come…. I centre my life around being creative, make space for myself to dream and most definitely have never grown up or played any kind of career game that has damaged that part of myself, or made me cynical. It’s very important for me to avoid pretentious or bitter industry-driven types of artists, and to keep my love of art as a pure and healthy centre to my existence. Of course it can drive me mad sometimes too, and often logistics and situations can be quite tough when you are doing things in a punk rock way but that only makes me appreciate moments of creation even more. Also it’s a need more than a desire…..so unless I get a total personality change a I will always write and record, even if not always commercially.
FO: You made important collaborations, such as those with Howe Gelb and Sparks, what can you tell us about these experiences?
GR: Working with Howe Gelb was magic, he sent through some very moving words and vocal takes, I couldn’t believe how attuned he was to the more personal side of The Wheel, I was over the moon with his input and we have since done a special concert together in the UK.
FO: Alan Vega has recently sadly passed away. I find the track “Motorbike ” irresistible. Can you tell us something about your collaboration with this great pioneer?
GR: When I wrote Motorbike, I knew that it shouldn’t go too far down the girl group route. I really didn’t want it to be a pastiche and liked the idea of juxtaposing this concept with the polar opposite of a teenage girl cliche (I always heard this song as a Shangri La style track!). The production ended being a homage to Suicide, and I thought I may as well ask Alan Vega himself, but with no expectation of a reply. It turns out he loved the track, and send me various vocal improvisations, and words. It was really incredible to hear his takes and to have him step into my world for a while…. Such an honour. I’m still reeling from this, and am so sad to hear of his passing – what an inspiration he has been to so many artists around the world.
FO: Are you happy about how the tour is going so far? It looks like there are quite a few more gigs coming up, even in the States. Is there any plan of touring Italy too?
GR: The tour has been amazing! I have been on the road since Sept, and the tour will now continue into the States until mid December. I have Italy pencilled in for February. I hope it comes together as I adore Italy and can’t wait to return with my band in 2017 – after that I will take a little rest!