Gli Shandon sono stati sempre Olly Riva, frontman, leader carismatico e volto della più importante ska-core band d’Italia. Nel 2005 decidono di sciogliersi, pochi stimoli avevano fatto esaurire la voglia di continuare anche perchè il sound proposto non ha valore se non suonato con energia e voglia di divertirsi. Sta di fatto che gli Shandon, sempre affiancati dalla storica label Ammonia, avevano mollato e circa dieci anni dopo si sono ritrovati; rivisti e corretti ma con lo spirito giusto.
Incontriamo Olly per fare il punto della situazione sui nuovi concerti e sul nuovo album intitolato Back on Board, ma anche per rimarcare la lodevole iniziativa intitolata Brandelli d’Italia Vol.1: cover di anthem per chi nei primi anni 90 si approcciava al punk hard-core e alla ska, ma anche video interviste utilissime per raccontare (in questi anni di mancata memoria storica e di fugace informazione) la scena musicale “alternativa” pre-social net e pre-home recordings. Ne esce fuori una bella chiacchierata che non guarda al passato con mestizia né il futuro come nemico.
La formazione oggi è così composta: Olly – Chitarra e Voce; William – Basso; Massa – Chitarra e Voce; Alecs – Batteria; Max – Trombone; Iasko – Tromba.
Nel 2004, in un momento in cui la Vostra musica aveva un grande seguito, vi siete sciolti, siete tornati nel 2012 con un reunion tour che si è concluso con un live e un dvd che sembrava segnare l’addio definitivo. Cosa Vi ha spinto, dopo 3/4 anni, a tornare con un nuovo album, tra l’altro con una formazione parecchio diversa?
Nel 2014 ci eravamo fermati causa apatia tra di noi e per il fatto che tutto si era ridotto ad un lavoro senza passione, nel 2012 abbiamo voluto accontentare le miriadi di richieste di un possibile ritorno facendo un tour di reunion. Volevamo che la cosa fosse solo un episodio e quindi abbiamo chiuso con un DVD per commemorare il momento. Durante il mio tour con i Soulrockets 2014/2015 ho avuto la fortuna di riassaporare la voglia di musica in levare e di leggerezza nello scrivere nuove canzoni. Questo mi ha portato a scrivere nuovo materiale che non avrei potuto usare ne con i Soulrockets ne con i The Fire. Durante una cena con Max, vecchio amico e trombonista degli Shandon, gli ho parlato dei miei pezzi e abbiamo deciso di riaprire una nuova pagina Shandon con una nuova attitudine. Alcuni dei vecchi membri abitano all’estero e con altri non c’è più rapporto allora ci siamo decisi a fare una cosa che ripartisse con l’entusiasmo di quando abbiamo formato il gruppo. Poi a dirla tutta in ogni disco abbiamo avuto sempre formazioni diverse, quindi avere una nuova line up, non è una cosa strana per noi.
Spesso quando si parla di qualche band, si dice sempre che il primo album è il migliore, il secondo non c’è male… già al terzo si inizia dire che non sono più gli stessi. Per gli Shandon non si è sentito molto questo discorso, tutti i lavori sembrano quasi “un primo album”, sempre qualcosa di nuovo e diverso dal precedente, ma il marchio Shandon è sempre ben evidente.
Bè ti ringrazio, in effetti abbiamo sempre pensato ai nostri dischi come lo specchio di cosa stava succedendo a livello musicale a livello internazionale e i nostri tour all’estero ci facevano respirare aria meno nazionalpopolare e più esterofila. Questo a fatto si che ogni disco avesse il suo sound e la sua storia. Alcune persone che ci seguivano dall’inizio infatti col tempo hanno storto il naso ai cambiamenti. Idem chi ci ha scoperto nel 2003 non piacevano molto le vecchie cose. Non abbiamo mai avuto una Hit e questo ha portato il pubblico a volerci ascoltare per quello che eravamo e oggi come oggi per quello che siamo.
Come è stato, dopo 12 anni e diverse esperienze, tornare a scrivere di nuovo come “Shandon”?
Come dicevo prima è successo talmente in maniera naturale che non ci sono voluti mesi a scrivere il disco.. anzi in tre mesi lo abbiamo pensato, scritto e registrato. Un tempo record per i nostri standard di allora.
SixtyNine aveva un suono piuttosto cupo rispetto agli album precedenti, Viola per esempio ha un testo molto sofferto, Back on board invece sembra più un ritorno alle sonorità delle origini e anche nei testi c’è più leggerezza. quali sono le basi di partenza o cosa ha influenzato questo album?
Ci hai azzeccato.. 69 infetti rappresentava in pieno il disagio e l’apatia che si era creata e che personalmente vivevo male. Ora a distanza di anni la leggerezza e l’entusiasmo sono la benzina della band e dei nuovi pezzi. C’è voglia di ballare e di spensieratezza forse anche per contrastare tutta questa frenesia e tensione dovuta ai social e alla continua voglia di qualcosa di nuovo a tutti i costi. Anche se si tratta di brutte notizie i social ci abituano a velocità e continuo refresh di informazione. Lo trovo tediante e fastidioso! La musica al momento mi serve per rallentare e godermi qualcosa in pace. Scrivere nuovi pezzi mi aiuta a fare questo.
Come è stato tornare su un palco a suonare, non solo il nuovo Back on board, ma soprattutto le canzoni che hanno fatto la vostra storia?
Entusiasmante!! ricantare vecchi pezzi aiuta a capire e definire chi sei e cosa sei stato. Vedere gente che segue gli Shandon da 20 anni, cantando ogni parola e ricordando vecchi episodi della loro vita è pazzesco. Fa stare bene riconoscere di aver fatto da colonna sonora per qualcuno. E tornare a farlo senza tensioni interne fa stare bene anche noi.
Dopo quasi 1 anno dal Vostro ritorno, tirando un po’ le somme, com’è andata?
Abbiamo visto ragazzi prendere aerei per venire a vederci, perchè magari ora abitano all’estero o perchè eravamo lontani dalle loro zone. Abbiamo visto gente che si è tatuata i nostri testi o il nostro logo. Ragazzi mi hanno fatto scrivere e disegnare sulla loro pelle e poi si sono tatuati l’indomani. Abbiamo visto ragazzi, che ora sono genitori e che hanno portato i loro figli ai nostri concerti. Insomma emozionante è dire poco. Sono davvero grato a tutti quelli che ci hanno rivoluti e sostenuti e continuano a farlo.
Come avete detto fin dall’inizio, non si tratta solo di un reunion tour di qualche data, ma siete tornati per restare. Siete attivissimi, a gennaio scorso è uscito Back on Board che è stato seguito da un lungo tour che vi ha portato un po’ in tutta Italia e ora è uscito anche Brandelli d’Italia vol. 1, come è nato questo ep?
Durante il tour mi è capitato di parlare con ragazzi giovani o giovanissimi, magari figli o fratelli minori di chi ci seguiva un tempo. Un po’ causa della loro età, un po’ per questa distorsione dovuta a internet vedevo che non sapevano nulla di vecchie band Italiane e parlavano di noi come se avessimo inventato un genere. Questa cosa ci ha fatto venire voglia di raccontare, a nostro modo, cosa è successo in questo paese. In Italia abbiamo avuto grandi band partite dal nulla, in un paese dove farsi spazio è difficile e dove il paragone con l’estero è sempre demoralizzante. Queste band vanno riconosciute come pionieri o come apripista per altre generazioni di musicisti che hanno visto che qualcosa di bello e di professionale lo si poteva fare anche in Italia.
Come siete arrivati alla scelta di queste 6 band e rispettive canzoni?
Facendo mente locale su chi ci aveva ispirato e coinvolto quando abbiamo iniziato noi. I poco noti “Search” una delle prime band ska-core Italiane, i “Kina” che già nei metà anni 80 sterzavano sulla melodia abbandonando i tempi più classici dell’Hard Core Italiano, i “Ritmo Tribale” che univano le nicchie al posto di dividerle, i “Casino Royale” che sembravano già far parte dei mostri sacri della Two Tone, I “Senzabenza” che hanno creato il Flower Punkrock e in fine gli intramontabili “Skiantos” che sin dai fine anni 70, hanno dato una nuova prospettiva a chi suonava o faceva arte, dando un alternativa al Sanremismo e al perbenismo sonoro che questo paese ci ha sempre abituato.
Oltre all’EP, su YouTube avete pubblicato una bellissima serie di 6 puntate, dove Olly introduce e intervista gli autori di questi brani, come è stata accolta da loro questa idea?
La velocità di informazione di cui parlavo prima porta la gente a non leggere più e a distrarsi nei primi 30 secondi di qualsiasi informazione quindi abbiamo deciso di fare delle interviste video che rendessero al massimo quello che volevamo comunicare. Abbiamo fatto tutto con un telefonino e con tanta passione. Il risultato è piaciuto fortunatamente, trovo che sia una sorta di nuovo modo di essere come si dice… “Do It Your Self”.
Sono stata al primo live di questo nuovo tour, le cover e gli ospiti sono stati accolti con entusiasmo ed interesse, ma come qualcosa di nuovo. Ben diversa è stata l’accoglienza di Eptadone degli Skiantos, e vista da sotto il palco anche molto emozionante; il pubblico anticipava le parole dell’intro, interpretato da Ariele Frizzante, e mi è sembrato un bell’omaggio al genio di Freak Antoni.
Freak era un amico, oltre che un artista strepitoso. Io e Ariele lo abbiamo frequentato spesso ed è per questo che ho chiamato lui per l’intro di Eptadone. Emozionante ma con l’amaro in bocca ovviamente. Il pubblico ha risposto bene e ne sono felice, molte persone hanno scoperto queste band grazie a noi e dopo il concerto me lo sono venuti a dire. Insomma una soddisfazione personale non indifferente.
Per voi, stare sul palco con le band che vi hanno “formato”, com’è andata?
Stupendo, Vedere Alioscia che canta con me “Casino Royale” dopo quasi 30 anni è da pelle d’oca!!! Avere I Senzabenza al completo che suonano il mio pezzo preferito è da lacrime, Avere Sergio dei Kina che cantava suonando la batteria e che in questa occasione era davanti è stato strano ed e-p-i-c-o. Insomma in quel momento ero un fan che suona con i suoi idoli.
A paio di mesi dall’uscita dell’EP e da diversi live, come vi sembra sia stato accolto questo progetto?
Bè sembra sia piaciuto, anche se ho notato che la gente negli ultimi anni non ama dare giudizi. Ne in positivo ne in negativo. Sembra assurdo ma se a uno è piaciuto un disco non ne parla con nessuno mentre prima lo sbandieravi come la scoperta del secolo per creare interazione. Ora viviamo in tempi fatti di silenzio o per assurdo di Hater incalliti che devono trovare per forza qualcosa di cui lamentarsi o qualcosa da smascherare come se tutto facesse parte di un complotto. Queste persone in faccia non ti dicono mai nulla mentre in rete fanno i leoni da tastiera.
Ricordate sempre che la rete è libera e quindi potete sparare a zero quanto volete.. ma d’altro canto uno è anche libero di rimandarvi affanculo!!
Il titolo Brandelli d’Italia vol. 1 lascia intuire che ci possa essere un seguito, ci sarà un “vol. 2”?
Prima regola delle serie TV, far sperare in un continuo hahaha… Non so forse fra un annetto faremo un volume 2 se ci sarà entusiasmo per farlo. Mi sono imposto di non avere più pressioni e di fare le cose di getto.
Nel corso degli anni avete suonato in giro per l’Europa e avete aperto live di band note a livello internazionale… se aveste le stesse possibilità ora, dove e con chi vi piacerebbe dividere il palco?
Mi piacerebbe molto con i Green Day o con i Mighty Mighty Bosstones. Non abbiamo mai avuto modo di suonare con loro. Negli anni abbiamo suonato con Offspring, Rancid, NOFX, Bad Religion, Lagwagon, Sick of it all, Pennywise, Reel Big Fish, The Hives, Skatalites, SkaP, etc etc..
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autrice: Maiora Carola