Disco d’esordio per i teramani Clowns from other space, che si muovono lungo la traiettoria del pop colto e sperimentale che sconfina nello shoegaze. Nel sound degli abruzzesi si percepiscono echi di Radiohead, Strokes e U2, ma il lavoro non risulta derivativo perché il gruppo riesce a trovare comunque una sua strada rielaborando i percorsi sonori altrui con un sound pieno, denso e saturo. Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica perché nel disco ci sono luci e ombre. Partiamo dalle luci. Un brano come “Verve” parte in sordina, ma si evolve verso un rock centrato e puntuale, mentre “Postmodernism and corns” è intrisa di vibrazioni e “Eze’s story” è un pop circolare e ritmata che evoca gli Strokes. Adesso le ombre. In alcuni brani il gruppo dimostra di non avere le idee completamente chiare come in “Walled world” che è spezzettata e senza una direzione, o “Wall of Tzu” che risulta pesante e troppo stentata, e la più lunga, ma non si riesce ad ascoltarla fino alla fine. Se i teramani si lasciassero andare maggiormente alla sperimentazione non fine a sé stessa, o al noise-pop-rock, potrebbero fare ottime cose.
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autore: Vittorio Lannutti