The Party è il primo album su Anti- di questo giovane cantautore canadese, paragonato spesso a Nick Drake e Elliot Smith, ed è l’ideale seguito di The Bearer of Bad News uscito nel 2012. Le dieci canzoni sono state registrate ai Regina’s Studio One, dove Shaun ha registrato tutto da solo e poi Colin Nealis ha aggiunto gli archi. Sunday Times, Mojo, The Independent, NME così come la stampa musicale irlandese e belga, sono letteralmente impazzite per Andy, ed effettivamente il ragazzo mostra un enorme talento poli-strumentale, anche se l’album risente un po’ di questo solipsismo, poiché manca di quella verve che solo un ensemble di artisti può dare.
I pezzi sono tutti ricchi di arte, e anche la post-produzione è raffinatissima. L’interpretazione vocale è un po’ statica, troppo sussurrata a volte, come in Early to the Party, ma i pezzi sono tutti solari e densi.
Manca forse un po’ di ritmo, ma qui parliamo di cantautorato, e dei più raffinati. Musica insomma che ci si aspetterebbe di sentire da personaggi molto più avanti negli anni, come i suoi idoli già citati o anche come i Kings of Convenience, a cui forse è facile paragonare Andy se si vuole cercare qualche riferimento più recente.
Già perché è difficile trovare riferimenti recenti, la sua è veramente musica d’altri tempi, e come tale anche difficile da gustare. L’album risente comunque di lentezza, anche se gli splendidi arrangiamenti (vedi per esempio l’intro di Twist Your Ankle) o i momenti acustici (Martha Sways) cercano di compensare. Degna di nota è poi Alexander All Alone, dove Andy si cimenta, unico caso, con una dinamica un po’ più elevata, e con dei toni molto cupi, tutt’altro rispetto alla solarità che risplende nel resto del disco.
Album molto vario, di difficile ascolto, per chi della musica apprezza più la tecnica e la testa del cuore e del sangue. Andy non è un picchiatore di strumenti, ma al contrario un grande disegnatore di atmosfere suggestive.
autore: Francesco Postiglione
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