Isolarsi da tutto e tutti, guardarsi dentro e cercare di trasporre le correnti carsiche della propria interiorità nella forma canzone. A due anni da Il Padrone Della Festa (realizzato con Max Gazzè e Daniele Silvestri) e a quattro dall’ultimo disco solista (Ecco), Niccolò Fabi torna in pista e lo fa con la personalità del cantautore artisticamente maturo. «Un disco, una finestra, uno specchio, un nodo, un balsamo… Una somma di piccole cose».
Fabi ha presentato con queste parole l’ottavo disco in studio uscito il 22 aprile scorso, un lavoro che ha raggiunto il primo posto in classifica, seguito da un tour con date sold-out e una miriade di interviste celebrative. Quel che è certo è che, volente o nolente, Una Somma Di Piccole Cose arriva al cuore delle persone che vi si avvicinano. Nei testi e negli arrangiamenti essenziali di questo lavoro c’è una forza, un movimento che ne fa uno dei prodotti più sinceri e probabilmente disinteressati del panorama cantautorale italiano.
Suonato in questi giorni nei teatri con Alberto Bianco e la band composta dai polistrumentisti Damir Nefat, Filippo Cornaglia e Matteo Giai, Una Somma Di Piccole Cose parla di ciò che ha sempre interessato il cantante romano: i rapporti interpersonali e le vicende collettive. Pubblico e privato. Una struttura concettuale che sembra far fuori l’io, inteso in senso autoreferenziale, per privilegiare una dimensione di condivisione e socialità.
Sarà per via di alcuni eventi poco felici legati al proprio vissuto (la scomparsa della piccola Olivia, nel 2010), o forse per una naturale empatia, fatto sta che in questo album Fabi sembra andare davvero a fondo, nell’animo umano e nelle dinamiche della società contemporanea. E il risultato è un disco intenso e pieno di lirismo, caratteristiche che il cantautore romano riesce a ottenere dopo un periodo di isolamento in campagna che lo ha aiutato a trovare l’ispirazione e la riflessione.
Come a dire, perdersi per poi ritrovarsi. In un locus amoenus destinato a favorire la creatività (la copertina del disco è una foto scattata dallo stesso Fabi dalla finestra di questa sua casa in campagna).
Il disco è tutto molto intenso ma ci sono ovviamente dei passaggi più riusciti di altri. Uno di questi è senza dubbio Le Cose Non Si Mettone Bene, una cover degli Hellosocrate di Alessandro Dimito, giovane musicista civitavecchiese scomparso nel 2014 a causa di una terribile malattia. Fabi conobbe la band di Civitavecchia nel 2012, in occasione al Festival Musicultura, e gli piacque molto lo stile del gruppo. Quando due anni fa venne a sapere della morte del frontman della band (nonché autore dei testi) decise di inserire uno dei suoi brani nell’album sul quale stava lavorando. Un “regalo” quindi, da un artista acclamato e affermato a un altro artista, meno conosciuto ma anch’esso dotato di un talento che gli ha consentito di scrivere un testo meraviglioso.
L’album è segnato dall’inizio alla fine da questa passione per la “voce dell’anima”. I riferimenti sono ovviamente Bon Iver, Sufjan Stevens e Damien Rice, ma la sensazione è che Fabi stia costruendo un suo stile, una sua fisionomia.
La specialità del disco sta nello struggente fascino di una normalità fatta anche di occasioni perse, che non tornano più (Una Somma Di Piccole Cose); nella fotografia impressionista di una città moderna che potrebbe essere benissimo Roma, luminosa ma dove non si comunica e non ci si aiuta più (Ha Perso La Città – dove “hanno vinto i ristoranti giapponesi, che poi sono cinesi anche se il cibo è giapponese…”). Ma la bellezza del disco sta anche nell’anelito a una condizione diversa, facendo leva se possibile anche sull’immaginazione (Facciamo Finta); in una riflessione sincera e intimista su come affrontare un’esistenza mai semplice (Filosofia Agricola). Resta sullo stesso mood anche Non Vale Più, di nuovo in bilico tra riflessione sul presente e desiderio di cambiamento, impreziosita peraltro da un bellissimo arpeggio di chitarra acustica e da un saliscendi tonale molto suggestivo. Altro vertice del disco è Una Mano Sugli Occhi, poesia d’amore moderna tra tradimento, ricongiungimento e assoluzione.
Il sipario scende con due brani altrettanto intensi come Le Chiavi Di Casa, ancora un omaggio al valore della semplicità, e Vince Chi Molla, che conclude questo bel lavoro cantautorale con una serie di istantanee su amore, vita e sentimenti cantati da Niccolò Fabi con levità e la solita irrefrenabile passione.
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autore: Vincenzo Sori