Dal primo all’ultimo brano in scaletta è una immensa boccata d’aria che alimenta lo spirito e spalanca il plesso solare, non solo un disco ma un planare verso mondi ibridi, colorati e intriganti. I sardi Grand Mother Safari arrivano con il loro omonimo lavoro, uno scrigno di suoni, stimoli, refoli jazzly, ambient, canti, psichedelica rarefatta e – diciamolo pure – una spiritualità trasversale che mischia umanità alla quale sottrarsi non è facile.
Otto planimetrie sonore che per una oretta circa ti accompagnano in voli e radenti suggestivi, atmosferici, un lavoro “altimetrico” che fonde vibrazioni liberando istinti pindarici di gamma; il mood liquido di un Rodhes, chitarre e bassi in contrappunto preciso, fiati immaginifici e tanto altro, danno la netta sensazione di essere fuori della gravità, quel senso tra il galleggio anarchico e il rimbalzo giocoso dal quale scendere a fine corsa suona al pari di una bestemmia.
Il sestetto è un “combo” di aviatori dell’immaginazione, e brani come la bella sarabanda di Seed balls, la foschia lucente di Sand bells e il trip astrale alla Sun Ra Lines &Circles riescono a buttarti fuori di testa, fuori dalla cretina quotidianità.
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autore: Max Sannella