Già potrebbero bastare le due ospitate nella tracklist, ovvero la voce di Todd Rittman chitarra dei Dead Rider nella cover di Rock On di David Essex e quella di Georgia Hubley (Yo La Tengo) in Yonder blue a far fantasticare il cervello in rotte inimmaginabili, ma il nuovo disco dei Tortoise – che arriva a sette anni di distanza da Beacons Of Ancestorship – è molto di più, una sicurezza stilistica che non solo abbraccia elettronica, fumi jazzly e repentini percorsi sperimentali, ma offre anche la garanzia (come sempre di razza) di una piacevolezza ipnotica di lusso.
Disco che già alla sua uscita bistrattato da critica e blateraggi comuni, ma di contraltare un lavoro arieggiante e degno da percorrere nelle sue immaginazioni sonore, una lettura/interpretazione multi sensoriale che propone e allieta un ottimo minutaggio di relax interiore.
La formazione di Chicago è in gran spolvero, mostra una attualità di immagini nitide e impalpabili che li porta sempre ad essere nel palma res internazionale della musica “dilatata”, dieci tracce strumentali e due cover cantate che rapiscono il corpo/mente, bello il sax imbizzarrito di Ghoper Island, l’aura magnetica di Shake hands with danger, The clearing fills, il conturbante percorso Report(iano) in Gesceap o il funk ondulato che smuove Hot coffee, tutte motivazioni “sonanti” che non fanno altro che “ingigantire” la portata sognante di questa band, band che ad ogni ritorno ( alla faccia di tanti) confonde e strega.
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autore: Max Sannella