La Washington D.C. hard-core, quella mitragliata Touch & Go inverosimile sulla colonna vertebrale di fine 80/e quasi tutti i 90 rivive in A resting place for trangers, cataclisma d’esordio dei Buñuel, progetto allucinato, sul filo della schizofrenia elettrica e fistole noisey da fibrillazione che vede in prima fila Pierpaolo Capovilla e Xabier Iriondo, insieme a Eugene S. Robinson ugola dei californiani Oxbow e Franz Valente batterista de Il Teatro Degli Orrori, un progetto high voltage che capovolge qualsiasi cosa incontri nel suo tragitto.
Lontani da ogni forma di melodia accarezzante, i Buñuel deflagrano a raffica, una grafia di pelli tribale e selvaggia accompagna un canto/latrato ossesso e magnifico, una tracklist di nove dissanguamenti sonici spalmati in circa 30 minuti circa di destabilizzazioni compiute, un “tutto caos” in cui dolore, vene gonfie, bave alle bocche e un qualcosa di non ben identificato “satanasso” che si aggirano irose ovunque.
Con la supervisione di Giulio Ragno Favero e registrato in tre giorni di sessions, il disco per certe affinità minate alla Uzeda, un lontano Rollins e lacerazioni di stampo Jesus Lizard, da filo da torcere alla sensibilità di chi ama tranquillità e stazioni armoniche, qui è tutto un fuoco incrociato di riff e pelli battute a maglio (This is love, I electrician, Jesus with a cock), demolizioni estetiche (Streetlamp cold), deliro doommato (Smiling faces of children) e una siderurgia assassina (Whipsaw), un disco di quelli che fa “rumore” con cognizione di causa & effetto!
Siete di sentimento e cuore debole? Alla larga!
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autore: Max Sannella