Da consumati promotori di se stessi, la booker torinese Paula e il francese Arthur, in arte J.C.Satàn, tornano a far detonare la loro combine travolgente di garage infiammabile e rock dalle venosità bluastre, a tratti sclerotiche, a momenti pop lisergico col loro quarto disco omonimo, dieci sortite che funzionano come una mina declinata a sonorità e atmosfere consacrate a produrre stupore e acido candore nel contempo.
Uno di quei dischi che tende continuamente all’ascoltatore agguati stilistici e improvvisi dirottamenti, morbidezza e noise a braccetto, colori e timbri consumati singolarmente, sciolti in un insieme, in un turbolento “tutto” che convince immediatamente e che tra energie asciutte e grasse allucinazioni appannate svela tutto il trip, il suo sodalizio tra delirio ed elettricità.
Le ombre allungate di Pixies e di una certa No Wave targata NY Don’t joke with the people you don’t know, Swans Waiting for you e altrettante linee abbaglianti alla Einsturzende Neubauten insaporiscono l’evocativo del duo e del loro mondo trasversale, la loro “vertigo”, il loro capogiro divinamente sgraziato e viscerale che ti afferra per la gola e ti ingoia come un pasto nudo di letteraria memoria.
Echi e frastuono I could have died, una ballata fogghy I will kill you tonight, il profumo vintage di Ti amo davvero e un pizzico di metedrina Sixteen Don’t work hard e The greatest man, sono alcuni e straordinari “effetti collaterali” che questo lavoro firmato J.C.Satàn diffonde come una infezione sonica indisturbata, diabolicamente indisturbata !
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autore: Max Sannella