La Baltimora dei suoni, quella che già certificato nomi internazionali come – tra i tanti – Beach House e Animal Collective, ora mette alla prova questi Sun Club quintetto che poggia la propria verve su un indie-rock giocherellone, dai lanci psichedelici; e The dongo durango è il loro primo passo discografico, l’official che dovrebbe sdoganarli nel giro largo della musica, e a testare questi brani l’idea che l’ascoltatore potrebbe farsi è sicuramente quella di essere dentro un vorticoso – a spirale – cosmo di psych pop ad alto gradimento, uno di quei lavori storti, ma proprio storti da raddrizzarti in pochi attimi e con nonchalance un risveglio no.
Undici brani da ballare, immaginare e godere fino in fondo, undici strategie underground che all’apparenza si caricano di menefreghismo e strafottenza, ma poi nella realtà lo sono eccome, una goduria di tempi, controtempi, melodie, echi e tropicalismi dada che ne fanno un disco inafferrabile, diabolicamente figo, out border. La formazione americana, che non nasconde di avere tra le proprie stilistiche di appannaggio certi Vampire Weekend e Local Natives, è in forma e lo dimostra a stretto giro coi rimbombi di Summerfest, Worm city, Carnival dough, la coralità noisey che imbratta Language juice, Puppy gumgum o la piricità ariosa che tira in Dress like mothers, ma è con la titletrack – 13 secondi grattati da un banjo e una voce stridula che ricordano il frame di un cartoon anni 40 – che la voglia di “avanti un altro giro, un altro giro ancora” s’impossessa a loop di ogni volontà. Esordio d.o.p!
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autore: Max Sannella