Amarezza, ricordo, lacrime color seppia e una struggente grazia estetica, una saudade tutta siciliana che profuma di aranci, cicale, solitudini e carotaggi d’anima talmente profondi che ci potresti trovare acqua salata a secchiate.
Disco insonne e tormentato questo diamantino assolato, La Malacarne, del cantautore siciliano Alfonso Moscato, una specie di rosario di legno che snocciola man mano le sue storie polverose, i suoi miraggi e le altrettante preziose esistenzialità dentro una tracklist che scorre personale e inzuppata di fitti arcaicismi dello spirito. L’artista Moscato scava e tira fuori poesia amara dalle povertà, dal disagio di vita, dai bui vicoli del sesso e da tutta una umanità ai bordi, una formula raccounteurs che prende le tempie dell’ascolto e le apre sulle realtà, ne scardina l’ottusità e ne fa pane e sale per le bocche di chi cerca bellezza assoluta da sbranare.
Dieci brani per un esordio a cinque stelle, brani che ardono di arte esemplare e che arricchiscono il respiro tra un Moltheni assorto e un Basile terragnolo, verità che aggiungono valore al nuovo cantautorato espressivo, quello intriso e consumato, quello ambasciatore di una nuova lettura estetica toccante. Il sogno La canzoni di Mimì, la solitudine Paesi svuotati, il malessere Verrà l’Arcangelo Gabriele e l’ossessione A malaluna caricano l’ascoltatore di affascinante aspettativa, il resto lo abbattono di immensità.
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autore: Max Sannella