Il cantautore piemontese Gian Luca Mondo con questo secondo disco, Malamore, ci confida che è proprio vero che ognuno di noi ha un personale blues da piangere, e la profondità di queste tracce (dieci) non fa altro che tirarne fuori il midollo annerito della sua poetica introspettiva, il solco raccounteur di un uomo, artista, che mai perdendo quel grado di unicità – già ampiamente dimostrato col primo album Petali – seguita a confondere benevolmente ascolti e approcci interessati.
Si effettivamente uno squarcio punk – nel modo di porsi nell’immediatezza espressiva – c’è, vive e graffia, ma non mancano anche certe pozioni lisergiche che imbevono parole e concetti, un modus compositivo e una geniale avventatezza che fa di questo artista un bel mistero da svelare man mano, come scorgere un fiore ben preciso nel mazzo generale.
Si dieci tracce, storie, donne, deliri, amori e “stranamori”, ballatine e la vita come banco di prova della vita stessa cospargono di agro amaro tutto l’ascolto e mettono in evidenza una scrittura quasi liberatoria, un uso della parola che gestisce la metafisica generale nella quale il disco gira, cresce e diffonde il proprio glamour esistenziale.
Due tracce su tutte, la spennata blues dinoccolata che strizza Blues del doppiopetto e la solitudine arpeggiata di Lettera cattiva come anticipo di un sogno, il resto da consumare ad occhi chiusi, schivando il contatto con la luce diretta delle banalità. Bella roba davvero!
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autore: Max Sannella