Ultimo week end di agosto, una Torino caldissima e splendente , i ritmi ancora quelli estivi, del lento rientro dalle ferie. A rendere meno traumatico il ritorno alla vita di tutti giorni ancora un ultimo bellissimo momento di vacanza: tre giorni di festival, live, musica, performance, luci e suoni.
Il TOdays festival è un’assoluta novità nella programmazione torinese. Nato da un progetto del direttore artistico Gianluca Gozzi, TOdays vuole essere il “festival del presente”e disegnare uno spaccato della scena musicale attuale, raccontando le contaminazioni fra generi, in uno scenario che è quello puramente urbano, scarno e allo stesso tempo affascinante della periferia nord di Torino in via di riqualificazione. Tre giorni. Cinque location differenti.
Edifici industriali riconvertiti e suggestivi luoghi della città ospitano il festival.
Spazio 211, storico locale torinese, il Museo Ettore Fico ex SICME ( Società Industriale Costruzioni Meccaniche ed Elettriche) attualmente al centro di un vasto programma di riqualificazione di un’area industriale dismessa.
I Docks Dora, vecchio complesso di magazzini generali ormai dismesso dagli anni sessanta, location perfetta per ospitare installazioni visive e performance post industriali.
Per finire, il cimitero di San Pietro in Vincoli, il primo cimitero della città sabauda fuori dalle mura cittadine che oggi ospita eventi culturali di ogni sorta.
Questi spazi sono l’espressione di una città in continuo e costante rinnovamento, di un passato che nel presente ( today) trova nuovi utilizzi e nuovi scopi per esistere.
Dal contenitore, passiamo al contenuto:
TV on the radio, Interpol, Verdena gli headliners, oltre 50 gli artisti coinvolti. Gruppi emergenti e non, soprattutto della scena torinese e italiana , e una grande attenzione alle nuove tendenze con grande spazio lasciato all’elettronica e a performance audio video degne di un festival internazionale. Todays è un percorso in cui lo spettatore può ritagliarsi la sua strada in base a interesse e curiosità e viversi l’esperienza in toto.
Di qui la frenesia che spinge il pubblico di appassionati ad esserci sin dal primo pomeriggio, correre da una location all’altra per riuscire a viversi tutto il possibile e poi a ballare fino alle prime luci dell’alba.
Day1
Monaci del Surf, Titor e Bianco dalla scuderia INRI , etichetta di Davide Pavanello dei Linea 77, si alternano sul palco dello Spazio 211. A seguire i TV on the radio, attesissimi per la loro unica data italiana.
Un’esplosione di energia e colore. Tunde Adebimpe balla sul palco, lo riempie, è sensuale e espressivo. Il concerto è un percorso sonoro attraverso i brani che hanno fatto la loro storia, passato e presente della band si intrecciano, dalle prime produzioni di Desperate Youth, Blood Thirsty Babes, (Touch & Go, 2004) all’ultimo Seeds, nato dopo la morte improvvisa del bassista Gerard Smith. Young Liars è il pezzo che apre il live e infiamma il pubblico.
La musica della band di Brooklyn è una commistione di generi, un melting pot stilistico e culturale che indaga i vari linguaggi musicali dei neri americani, mischia black music, soul, strumenti di estrazione boogie (flauti, sax, tamburi) pur non tralasciando influenze shoegaze e new wave (Retourn to cookie mountain). Il “mix” vorticoso di generi musicali, attraverso anche l’utilizzo dell’elettronica, tiene il pubblico agganciato alle voci di Adebimpe e Malone. Un live bello, pulito, senza imperfezioni.
Dopo i live è il momento della musica elettronica: al Museo Ettore Fico è di scena Murcof, alias Fernando Corona artista messicano , uno dei nomi di punta della scena elettronica mondiale. Il suo ultimo progetto, U235, in collaborazione con il duo Ozmotic, è l’acronimo dell’uranio radioattivo utilizzato nella fissione nucleare. Attraverso un’istallazione audio video Murcof esplora i confini e i limiti del linguaggio musicale e visivo contemporaneo, contrappone musiche sacre, icone di ogni luogo e di ogni tempo, alle più recenti derive della musica elettronica e della videoarte digitale.
Le forme musicali spaziano dalla sonorizzazione elettronica pura, alla musica improvvisata, alle sonorità tipiche della musica contemporanea o a quelle soffuse e ritmicamente avvolgenti della scena berlinese. I set strumentali sono misti: strumenti acustici, utilizzati anche attraverso processori di segnali ed effetti elettronici, e strumentazione elettronica. L’utilizzo di campioni di suono mutuati dai riti tribali di popoli antichi o dalle musiche sacre europee, gli interventi televisivi di Enrico Fermi che annuncia la nascita dell’era atomica, o le voci di Zygmund Baumann che analizzano i tempi moderni, vengono inseriti all’interno di un flusso di melodie ancestrali e contemporanee, ritmi tribali e scansioni asimmetriche.
Ci si sposta ai Docks Dora, per la terza ultima parte di questo pienissimo venerdì sera. Ad aspettarci una sorpresa: il pubblico viene dotato di cuffie wireless multicanale per un ascolto in silent disco. Le installazioni di Otolab ad illuminare i palazzi industriali dei Docks, luci di colori differenti ad identificare ogni sala. Le persone possono switchare da una sala all’altra e, anche se non fisicamente presenti all’interno del singolo club o locale, scegliere il proprio percorso sonoro. Contemporaneamente, le performance vengono riprese da telecamere, mappate e proiettate sulle pareti degli edifici.
Molto interessante Yakamoto Kotzuga, giovanissimo artista italiano classe ’94 con le sue melodie avvolgenti, chitarra e bassi.
L’esordio è nel 2013 con un EP, “Rooms Of Emptiness”, fuori per Bad Panda Records, a cui fa seguito pochi mesi dopo “Lost Keys & Stolen Kisses”, per i francesi di Highlife Recordings. Il suo debut album, “Usually Nowhere” esce il 24 Marzo 2015 per La Tempesta International/Sugar.
Bellissima la performance di Blanck Mass, progetto satellite di Benjamin John Powe dei Fuck Buttons. Suoni cupi e video geometrici, paesaggi sonori noise graffianti e profondi. Techno dura e senza virtuosismi. Non a caso l’album è pubblicato dall’etichetta Rock Action degli scozzesi Mogwai.
A concludere, mentre nella sala rossa il pubblico si scatenava con la dance di Clap!Clap! , nella Purple room la performance dell’eclettico Eskmo, l’artista americano Brendan Angelides. Ipnotizzati a guardarlo campionare qualsiasi tipo di suono, il suo live stupisce quanto a impatto emotivo. Il tutto completato da un uso intenso della voce, dalle melodie di piano costruite su beat e bassi vibranti.
Day2
E’ un inizio punk quello di sabato 29 con The Cyborg , C.O.V. e LINEA 77.
Ma l’attesa è tutta per i Verdena, che per la prima volta sul palco presentano ‘Endkadenz Vol.2′ , uscito il giorno prima, secondo volume del loro ultimo album che giunge a sette mesi dal precedente, per volere della major Universal.
Più che soffermarsi ad analizzare ogni singolo brano del live dei Verdena, l’impressione è che ci si debba approcciare come un unicum. Una performance da prendere e metabolizzare in tutta la sua interezza, tra le mille trame sonore, gli strumenti, le sfumature.
Strati spessi di malinconia e un mood , soprattutto nei brani dell’ultimo lavoro, più aspro e tagliente. Tracce elettroniche, effetti anche nella voce di Alberto, ricerca di nuovi scenari.
Parlare dei Verdena è difficile, in quindici anni dal loro debutto hanno acquistato sempre più struttura, forza, sono cresciuti.
Poche carezze, molta elettronica, a partire dall’ attacco imponente di Cannibale il nuovo singolo. Rock puro e raffinato, all’apparenza semplice, senza sovrastrutture, stilisticamente impeccabile.
Alieni fra noi e Un po’ esageri per iniziare il live con la giusta dose di nostalgia.
Molti i brani dal loro album WOW: Scegli me (Un mondo che tu non vuoi), Loniterp, Per sbaglio, Lui gareggia, Grattacielo alcuni di questi.
Un breve encore (tre pezzi) tra cui Elefante dal primissimo album con la sua monotonia rullante, Don Calisto (Requiem) e in chiusura Funeralus – Le mani prendimi/ dimentica e poi/ estendi il tuo cuore/ dimentica e poi (sei a un passo dal mare) /e passa il confine (a un passo dal mare).
Un live molto bello, emozionante, capace di commuovere toccando le corde più profonde. Un percorso emotivo tra pezzi rock, sferzate grunge, paesaggi elettronici e ballate. Sonorità coinvolgenti , amore, odio e vita.
Contemporaneamente, al MEF inizia il live di Ryoji Ikeda.
Desta non poche polemiche dato l’immediato sold out che lascia fuori dal museo gran parte del pubblico pur con abbonamento all’intero festival. Da rivedere probabilmente questa formula.
L’artista giapponese presenta Supercodex, progetto che completa la trilogia iniziata con Dataplex nel 2005, proseguita poi con Test Pattern.
Se al centro della trilogia c’è il modo in cui vengono trattati i dati informatici e connessi al suono, nell’ultima opera una rappresentazione ancora più scarna e minimalista: frammenti di suoni e luci, scomposizione. Matematica pura.
Nessun virtuosismo neanche nel mezzo visivo: luci stroboscopiche, alternanza di bianco e nero. Nessuna ombra.
L’arte di Ryoji Ikeda continua oggi ad influenzare l’elettronica contemporanea. Ne detta le regole e gli algoritmi.
Ed è nelle sue performance dal vivo che tutto questo acquista un senso e diventa concreto. Nella dimensione sensoriale, nelle reazioni che genera nel suo pubblico.
La serata termina al Cimitero di San Pietro in vincoli, anche qui Silent Party. Un’unica sala in cui si sono alternati i diversi artisti. Interessante il live di Portico, band formata dagli inglesi Milo Fitzpatrick, Duncan Bellamy e Jack Wyllie.Il loro album “Living Fields“ è prodotto da Ninja Tune. Sonorità profonde, accompagnate da interventi vocali e bassi elettrici. In chiusura Lory D, con un dj set sfrenato fino all’alba.
Day3
L’happy ending di questi tre giorni di musica vede in apertura il duo torinese Anthony Laszlo (Anthony Sasso e Andrea Laszlo De Simone).
La varietà del genere si sviluppa trasversalmente saltando dal punk, rock, psichedelia e soprattutto cantautorato italiano. Ciò che colpisce è sicuramente la scrittura accurata dei testi che rendono i ritornelli ridondanti e terribilmente ficcanti. La performance sfuma, come nella loro “Lei”, in un progetto figlio del mainstream italiano che è Durdust.
L’impatto visivo è immediato: un palco e un pianoforte; già perché Dario Faini conduce le danze e porta il pubblico in un universo di sonorità che parte dalla musica classica con pianoforte e archi fino all’elettronica dei synth e dei computer. Musica che ha poco a che vedere con le tipiche esperienze italiane a noi note, ma che rimanda ad atmosfere nord-europee.
“7” infatti è l’inizio di una trilogia discografica che ha proprio l’obbiettivo di attraversare l’asse geografico-musicale Berlino-Reykjavic-Londra. E’ stato paragonato a Jon Hopkins e io direi che non è il caso di esagerare. In chiusura una divertente interpretazione di Underworld e Chemical Brothers .
A seguire la bella Levante. E chi sarebbe? E’ Claudia Lagona siciliana d’origine ma torinese d’adozione che con INRI, fa uscire “Manuale Distruzione”. Se tutto ciò non vi dice ancora niente allora pensate al “singolone” Alfonso che ha martellato per mesi. Ciò che colpisce oltre al look impeccabile, è sicuramente la dote canora che fa pensare all’intramontabile Carmen Consoli un po’ rock, un po’ pop, un po’ cantautrice, ma con quel pizzico di cinismo in più che non guasta mai. Brava lei!
Il finale dei finali di questo festival arriva con loro: gli Interpol la band neworkese capace di mettere d’accordo metallari e indie di ogni epoca. Come fanno? La formula sta nel ripescare e reinterpretare il new wave in chiave post punk creando così pezzi dai suoni cupi, lugubri capaci di rievocare quella malinconia che solo i Joy Division sono in grado tirare fuori.
Nel 2001 pubblicano un album commovente perché lontanissimo dalle solite scopiazzature che si sentivano in quegli anni; insomma, dimentichiamoci il ctrlC+ctrlV con “Turn On the Bright Lights”.
Con l’album successivo “Antics”, forse perché stanchi dal recente tour in Inghilterra, forse perché più che ai Joy Division volevano avvicinarsi ai New Order, sta di fatto che l’album è un po’ più pieno e i suoni sono più ballabili. Seguono “Our Love to admire”, e “Interpol” ultimo album che vede la partecipazione del bassista Carlos Dengler oggi sostituito da Brad Truax (ex Animal Collective) per finire con “El Pintor” a cui hanno partecipato nomi come Brandon Curtis (The Secret Machines) per dirne uno e che ha creato non poche aspettative nei fan.
Partenza con il botto per il live; nello spazio 211 riecheggiano le note di Say hallo to angels. D’altronde quasi un obbligo partire con Turn on the bright lights. Proseguiamo con Anywhere pezzo colto dall’ultimo album che per molti ha segnato un ritorno da veri protagonisti. Si procede saltellando da un album all’altro snocciolando pezzi come Chemistry, Every things is wrong , C’mere. Molti pezzi suonati sono arrangiati in modo piuttosto originale. Qualche stonatura qua e là che rende tutto più vero e il gioco è fatto.
Raggiungiamo la fine con Obstacle 1 che nonostante il caldo di questo agosto massacrante, ha fatto rivivere quel novembre del 2001 in cui qualcuno come noi ha letteralmente consumato l’album aggrappandosi a quella nostalgia.
http://www.todaysfestival.com/
https://www.facebook.com/TOdaysfestival
autori: Sara Ferraiolo e Arturo Hoffmann