Hannah Cohen è cresciuta a New York in una famiglia con un forte background artistico e musicale e totalmente immersa nella ribollente scena culturale della Grande Mela. Pleasure Boy è il suo secondo album, prodotto come già il primo, Child Bride, da Thomas Bartlett aka Doveman, che ha dei nomi di tutto rispetto nel suo pedigree: The National, Martha Wainwright, Antony and the Johnson.
L’album è ispirato a una rottura sentimentale, ed è quindi intriso di temi riguardanti il dolore, la rottura, le ansie che la perdita comporta, ma tuttavia la melodia e anche la malinconia che le note suggeriscono non sono mai melodrammatiche, ma evolvono verso un raggiunto traguardo di gioia e serenità musicale. “Voglio che la musica ferisca, che abbia un effetto viscerale”: e in effetti nelle sue (poche) otto canzoni Hannah ci mette tutte le corde emotive, dalla forza di Keepsake alla dolcezza di Baby, alla malinconia struggente di Watching You Fall (senza dubbio il pezzo più riuscito) alla rabbia calma di Fake It, alla rassegnazione di Liliacs, e si mostra ora vulnerabile, ora dolce, ora agguerrita e forte.
Album intimista dalle forti tinte sentimentali dunque, ma non melenso o sdolcinato: si tratta pur sempre di pop, ma un raffinato pop da cantautrice, che ricorda nella voce e anche nello stile Norah Jones e tante altre piccole regine di questo genere che non è mai tramontato.
La bellissima Hannah non sfonda ancora né produce il suo capolavoro, ma il disco è confezionato con attenzione e con ottima qualità: a cui si aggiunge, senza dubbio, la sua voce e la sua qualità interpretativa, che fa lievitare il tutto sopra la media e sopra le attese, ma è un album che va ascoltato con calma e pazienza, perché rivela i suoi segreti a poco a poco, all’ascoltatore che abbia voglia di esplorare.
www.hannahcohenmusic.com/
www.facebook.com/HannahCohenChildBride
autore: Francesco Postiglione