Un titolo chilometrico, un concetto ambivalente e parallelo di personalità, interiorità abissali e una calligrafia autorale immaginifica. Questo è lo spirito integrale che pervade l’intero Bisognava dirlo a tuo padre che a fare un figlio con uno schizofrenico avremmo creato tutta questa sofferenza, nuovo lavoro del milanese Paolo Saporiti, lavoro questa volta cantato in italiano e che si porta in tasca “due facciate”, sei brani sperimentali dove – con la produzione di Raffaele Abbate (Home Orange Records) – intervengono anche una bella schiera di musicisti, e gli stessi sei brani interpretati con la scossa elettrica ed elettronica e prodotti da Xabier Iriondo, un disco, due mondi espressivi di un unico artista che scava, si inoltra e cerca di sviscerare l’anima e lo spirito.
Nella tracklist anche due splendide “visioni personalizzate” di Hotel Supramonte del vate De Andrè, ma quello che spiazza è la grande ricerca (nelle liriche, arrangiamento, stupore) che Saporiti mette a disposizione – oltre che a sé stesso – dell’ascoltatore, e questo album è la prova eccellente di un tratteggio poetico e di una eleganza “metafisica” sopra le righe. Senz’altro un poeta emozionale come pochi, oltre le catalogazioni, al pieno centro dei contrasti e delle sfumature di certi Matt Elliott o Scott Walker, in poche parole tutto quello che non siamo mai abituati a sentire tanto in giro; certo ci vuole del rodaggio di primo acchito, ma poi il/i dischi si lasciano addentrare nelle proprie godurie, nelle proprie ossessioni come un’esperienza in luoghi non luoghi.
Saporiti sdogana un lavoro esemplare, un doppio intendimento che dapprima è carbonio grezzo, poi diamante finito.
autore: Max Sannella