I norvegesi festeggiano il venticinquesimo compleanno con uno dei più bei dischi realizzati negli ultimi anni. Con “Behind the sun” il trio continua a seguire, o meglio a guidare, la scia del rock psichedelico contemporaneo, emancipandosi in buona parte dalle istanze progressive che hanno caratterizzato le produzioni precedenti. Per questo disco i Motorpsycho si fanno affiancare ancora una volta dal chitarrista svedese Reine Fiske, oltre che dagli Sheriffs of Nothingness. Con questi preziosi compagni di avventura, i Motorpsycho si permettono arrangiamenti musicali complessi, intrecci musicali avvincenti e centrano l’obiettivo. Resta saldo il legame con il rock degli anni ’70.
“Behind the sun”, infatti, odora molto di vintage, tuttavia, non si sente la puzza di muffa perché la professionalità, la passione e la tecnica che il trio impiega riescono a rendere evocativo e necessario questo disco. La dedizione al lavoro che li ha sempre caratterizzati, in questo doppio album ha sortito effetti efficaci, perché il diciassettesimo lavoro dei nostri coniuga melodie con gli archi (“Ghost”) tali da rendere il brano particolarmente evocativo. Anche quando l’acceleratore è al massimo e le chitarre si incendiano (“Hell, part 7: victim of rock”, “Kvaestor”) la melodia mantiene lo stesso livello, dato che i cori, anche se spesso screziati, sono sempre presenti. “On a plate” è un tuffo nel miglior hard rock dei primi anni ’70, talmente affascinante da non risultare patetico, anzi, viene voglia di alzare il volume al massimo e di gridare dietro a loro.
In questo disco soltanto un brano supera i dieci minuti, si tratta di “Hell part 4-6: Traitor/The tapestry/Swiss cheese mountain”, nel quale gli archi si intrecciano con l’elettroacustico in un lento ed avvolgente progredire verso un rock, che gradualmente si libera della pesantezza prog.
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autore: Vittorio Lannutti