Direttamente dalla Danimarca, la band degli Iceage torna con un nuovo album che però, totalmente a sorpresa, si stacca totalmente dalla produzione precedente. Per chi non li rammentasse, il gruppo è in quartetto punk-rock assurto alla fama qualche anno fa grazie a un potente disco con brani dal sapore molto old style, un misto tra Joy Division e Clash. Proprio per questo motivo, “Plowing into the fields of love” stupisce parecchio perché gli Iceage si sono allontanati dalle loro origini punk per esplorare altre frontiere e cimentarsi con generi musicali fin’ora mai sondati. Insomma, sono andati ad “arare” come dice il titolo (plowing è l’aratura) in nuovi campi, che siano dell’amore o della musica poco importa.
Nonostante il cambio di rotta, alcune cose rimangono invariate, soprattutto al livello di sonorità, che restano a tratti aggressive e dissonanti, però più in stile Noise genere Sonic Youth di fine anni Ottanta, come si nota ad esempio in “On my fingers”, che apre il disco, nella quale ad un ritmo incalzante fa da contraltare una parte cantata in maniera quasi trascinata, come un grido di dolore. A proposito del dolore, in effetti la malinconia è un po’ il leitmotiv di tutto quest’album, la si avverte come una presenza costante e neanche troppo misteriosa anche nei pezzi si prosegue poi con “The Lord’s Favourite” e “Against the Moon”, entrambe ballad (più allegra la prima, decisamente più mesta la seconda), che fanno pensare parecchio a Nick Cave, soprattutto per quanto concerne l’impostazione vocale di Elias Bender Ronnenfelt.
Nel complesso, “Plowing into the fields of love” è davvero un buon disco, gli Iceage riescono a spaziare con un certo successo tra le varie sponde del rock, producendo un lavoro di tutto rispetto, che nulla ha da invidiare ai precedenti, cosa assolutamente non da poco. A questo punto subentra una certa curiosità: chissà cosa c’è nel futuro del gruppo, se continuerà su questa scia o tornerà al caro, vecchio punk.
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autore: Veronica S. Valli