Tempi Moderni, probabilmente il più potente dei film girati dal cineasta inglese Charlie Chaplin, sarà di nuovo protagonista nelle sale italiane, in una versione restaurata dalla cineteca di Bologna.
Probabilmente la più potente delle opere di sir Charles Spencer Chaplin, quella a cui il regista britannico ha affidato il commiato da Charlot, la maschera-ombra che lo ha accompagnato verso l’ascesa nello star system hollywoodiano e mondiale, Tempi Moderni (Modern Times, 1936) è tornato nelle sale italiane, a partire dall’8 dicembre, in una versione restaurata dalla cineteca di Bologna che ha visto la re-incisione di Titina, il travolgente gramelot interpretato dall’attore e regista britannico, in cui per la prima e unica volta l’artista concede al pubblico di ascoltare la voce del celeberrimo vagabondo. La proiezione di Tempi Moderni conclude i festeggiamenti per i 100 anni dalla nascita di Charlot, la maschera più famosa della storia del cinema. Il film è distribuito dalla Cineteca di Bologna e gruppo Unipol per il ciclo “Il cinema ritrovato. Al cinema”.
Opera dalla lunga gestazione (undici mesi tra il 1934 e 1935) Chaplin avrebbe voluto fare di Tempi Moderni un film sonoro, in linea con i gusti del pubblico, oramai avvezzo al cinema parlato. Il re del muto optò però per un’opera in cui a prevalere fosse “la voce” delle macchine, con le parole dell’uomo sempre filtrate da apparecchi o “marchingegni” (come altoparlanti, o grammofoni), ad eccezione fatta per Titina, una delle scene, insieme alle gag dell’ingranaggio e dell’esperimento di alimentazione automatizzata, destinate a segnare per sempre la storia della cinematografia mondiale.
Ad ispirare l’attore e regista inglese la visita, all’inteno degli stabilimenti della Ford, avvenuta nel 1923, ma sono l’avvento della crisi del 1929 e del sonoro nel 1927 a dare slancio alla sua realizzazione. La storia di Charlot operaio, travolto dal taylorismo e dai processi di pianificazione scientifica del lavoro in fabbrica, dalla terribile e alienante “Linea”, alias la catena di montaggio, è forse uno dei saggi più potenti e uno degli sguardi più vivi sul progressivo processo di disumanizzazione generato dall’avanzata tecnologica e la scena dell’alimentazione automatizzata ne è l’emblema, con uno Charlot operaio -vittima sacrificale in nome del progresso scientifico.
Il film ottenne il plauso di Pravda, allora organo ufficiale del Partico Comunista, facendo guadagnare all’attore e regista “lo stigma” di simpatizzare per il comunismo. Chaplin rispose così ai giornalisti: “A molti è parso che nel film si facesse propaganda. Ma esso non fa che mettere in ridicolo il disordine generale di cui tutti soffriamo. Se io avessi cercato di raccontare al pubblico ciò che occorreva fare per ovviare a questo inconveniente, penso che non avrei potuto farlo in forma divertente, attraverso un film. Avrei dovuto farlo con tono serio, dall’alto di una tribuna”.
Tempi Moderni fu proiettato nelle sale italiane soltanto un anno dopo dall’uscita, bollato come “opera incline al bolscevismo”. Dell’opera, il linguista e semiologo francese Roland Barthes disse: “Charlot ha sempre visto il proletario sotto le sembianze del povero: da cui la forza umana delle sue rappresentazioni, ma anche la loro ambiguità politica. Tutto ciò è assai evidente in quel mirabile film che è Tempi moderni. Charlot vi sfiora continuamente il tema proletario ma non l’assume mai politicamente; ci fa vedere un proletario ancora cieco e mistificato, definito dalla natura immediata dei suoi bisogni e dalla sua alienazione totale nelle mani dei padroni (poliziotti e principali)”.
Interpreti e personaggi: Charlie Chaplin (Charlot il vagabondo), Paulette Goddard (l’orfana), Henry Bergman (padrone del ristorante), Chester Conklin (capo-meccanico), Lloyd Ingraham (direttore della prigione), Hank Mann, Louis Natheaux (scassinatori), Allan Garcia (direttore della Electro Steel Co.).
autore: Michela Aprea