Storie arcaiche, magie, sogni e deliri della tradizione orale quanto quella mnemonica, onde di un mondo scomparso o ancora da scoprire che si sta per perdere tra dune e ostacoli umani. Tutto questo nella strepitosa e delicata definizione che il musicista del Mali Kassè Mady Diabatè da della vita e della sua indagine su di essa in questo bel disco, Kirikè, otto tracce d’incenso e sudore, di sabbia e smisurate linee d’orizzonte impalpabili, dove l’uomo e il ricordo sono un tutt’uno con lo spirito.
Pochi strumenti tradizionali (uno xilofono e due cordofoni), una poesia dai mille risvolti e una schiera di musicisti (compreso l’amico di sempre Vincent Segal al violoncello) a rendere omaggio a questo sonoro viaggio iniziatico che avanza lento dalla notte dei tempi, ritmi, ondulazioni e incanto a mille per uno degli artisti più rappresentativi dell’Africa Occidentale. Disco di parole, sussurri, anime irraggiungibili e strumenti di contorno dalla sensibilità e sonorità incantatrici come la kora, lo ngoni, il balafon , cose che fanno suono e stregoneria insieme, nell’irrepetibile semantica degli echi sopravissuti di madre Africa.
E’ un continuo narrare, un continuo disegno vocale quello che Diabatè dona agli ascolti, una fola calda e inimmaginabile che come la brillante Sadjo, lo sghiribizzo di corde Sori, la passione trascinata della titletrack o la “ninnananna dalle parentele quasi mediterranee” di Hera riesce a trasferire tutta la retrospettiva di una cultura antica che “collabora” fattivamente con le esigenze di bello della contemporaneità world.
Geni si nasce e ci si mantiene!
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autore: Max Sannella