Una chitarra elettrica con lo slide – quella di Matteo – e una batteria battuta – quella di Giulio Martinelli (Umberto Maria Giardini). Queste le due prerogative fumanti del nuovo disco di Matteo Toni, Nilla! Villa!, dieci tracce dove deviazioni, stili e identità artistiche si mettono in mostra in uno stravagante tourbillon sonoro che – piacevolmente introverso – da quel senso di spontaneo, ballate e squarci di una scrittura “border” che Toni esegue con la passione cinematica delle cose dal taglio profondo della leggerezza.
Ottima quella indolenza sorniona e quello scatto pirico in cui l’artista modenese fa perdere le sue tracce, un gioco a rimando e “birichino” che respira gli odori bluesy urbani, le ballate a fior di psichedelica, surfing gigioni e rock isoscele, meticciato nei colori, un disco che riesce a fare il botto di primo acchito, una specie di azzeccato “etilismo sonico” che gira alla grande e di suo.
Dicevano slide Harperiano che confida con melodie e immaginarie geografie, una tracklist dalle traiettorie varie, libere e sostenute da una ritmica pimpante, costantemente in fregola percussiva e con la definizione di “surf metropolitano”, e a dire il vero questa nomea centra appieno l’immagine che il disco vende, una insolita performance striata e sbracata che si fa “celebrità” ancor prima – ma molto prima – di passare un secondo giro di stereo.
Parole ad effetto? Affatto, occorre solamente sintonizzarsi sulle roteazioni elettriche di Il tempo dei morti viventi, agganciarsi negli slogamenti beatnik Musica porno, tuffarsi in un Mississippi robotico Dammi una sigaretta, slanguire in un battito in levare Nilla! Villa! o lievitare nelle smancerie pop-tribal di Credi ancora nel grande blu? per sentirsi un tutt’uno con la non convenzionalità di un giovane artista non classificabile.
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autore: Max Sannella