Dall’entroterra campano ecco un giovane quintetto post punk dal suono elettrico affilato e dai testi ambigui, sottilmente paranoici, espressione di un malessere interiore e di un disadattamento comunicato con la musica rock attraverso disperati cambi di ritmo, repentine parti urlate, gestualità spastica – nel disperato brano intitolato ‘Trauma‘ – e passaggi al contrario catatonici e disconnessi.
Il quintetto, formato da Gerardo Ricci (chitarra), Giovanni Bianchino (voce), Antonio De Vita (synth), Francesco De Vita (batteria) e Alessandro Napoli (basso), canta in italiano e pur senza strafare o inventare soluzioni espressive riesce molto bene a trasmettere i propri incubi e le proprie ansie, ed in ‘Restaurazione‘ ad esempio possiamo notare che synth e tastiere talvolta ammorbidiscono il suono della band ma gli danno in compenso, rispetto alle formazioni post punk per sole chitarre, molta più profondità e spessore, mentre in ‘Dari’o‘ s’intravede il riferimento ad Il Management del Dolore Post-Operatorio, rispetto al quale tuttavia i Flowers and Paraffin si differenziano per la ricerca di narrazioni più misteriose: meno esplicite e dirette, insomma.
In ‘Luglio‘ invece il synth partecipa ed accentua la furia che si scatena nel mezzo del brano, mentre incisi post rock qua e là aiutano a variare il clima, ed a tenere sempre guardingo l’ascoltatore.
Manca al gruppo, al momento, una maggiore messa a fuoco nella scrittura e qualche brano vincente che possa lasciare un segno più profondo, mentre la produzione un po’ scarna anche in termini di varietà dei suoni, può tutto sommato giocare a vantaggio del dramma rappresentato, dando realismo e cupezza. Per un disco sulla lunga distanza serve però qualche altra idea.
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autore: Fausto Turi