Dopo una prima pubblicazione, il 30 giugno scorso, in formato cd e digitale, è uscito il 25 agosto in vinile High Life, seguito/non seguito di Someday World, primo atto della collaborazione tra il genio della ambient Brian Eno e Karl Hyde, leader della band brit-electro Underworld.
Data alle stampe dopo soli 2 mesi dal suo prodromo – e non si dica che High Life è totalmente altro rispetto al precedente lavoro, soprattutto se non si vuole far torto a Man Wakes Up e a When I Built This World – questa seconda prova in studio compendia in soli 6 pezzi 40 anni di carriera del Non Musician Eno, che prende a piene mani dal suo passato repertorio sperimentale e dalle sue molteplici collaborazioni il sonic landscape di un disco per certi versi prodigioso.
Solo Eno poteva compiere in Return quella crasi sonora tra Electric Counterpoint I di Reich e gli inconfondibili arpeggi di The Edge in The Joshua Tree (il non-musicista britannico ne è stato produttore, come di The Unforgettable Fire, Achtung Baby e Zooropa), innestando su una base reiterata – struttura paradigmatica delle esecuzioni minimal diatoniche di Reich e di Glass – i toni cupi e dilatati dei vocalizzi di Hyde, fino a creare un perfetto equilibrio fra contrazione ritmica e distensione melodica.
Se in Lilac ritornano i Talking Heads, già fin troppo citati in Someday World, è il drone il codice identificativo per High Life e dalle prime battute di Time To Waste It, sinossi di beat afro e tribalismi alla Peter Gabriel declinati sui campionamenti elettro della voce ipnotica e distorta di Kasia Daszykowska, nel quale un improbabile sitar harrisoniano potrebbe cucire spunti di misticismo a un più terreno worldbeat alla Paul Simon.
Apoteosi di giochi ritmici, invece, sono raggiunte nei due pezzi più funky del disco: DBF tiene il tempo su un ordito jazz-funky di ascendenze seventies e su un groove martellante che si compiace fino allo stremo di fiati synthati, mentre Moulded Life procede più su un registro ethno-funky disturbato da dissonanze e feedback similindustrial, arrivando a richiamare in lontananza i drum patterns del Phil Collins dell’era Genesis.
Inaspettata, dopo tante scansioni ossessivo-percussive, è la rarefazione ambient di Cells & Bells, vera e propria gemma dall’essenziale architettura sonora, che sospende l’ascolto in minutissime oscillazioni acustiche sul modello della tecnica Frippertronics, elaborata proprio da Eno e Robert Fripp negli anni ’70, e nell’espansione delayata della voce di Hyde.
Registrato in appena 5 giorni in modalità improvvisata, High Life è più che altro una collection autobiografica dell’artista Eno e il sequel necessario di un disco – Someday World – che, nelle intenzioni e nei fatti, ha puntato più sui retroscena pop degli Underworld che sulle dismisure da designer del suono, che hanno fatto di Eno uno dei pionieri dell’elettronica anticonvenzionale.
Sembra che molti ne siano in parte rimasti delusi, ma confrontarsi nel 2014 con una storia della musica che tiene insieme Cage, Riley, il minimalismo, i Roxy Music, David Byrne, i Genesis, i King Crimson, gli U2 e gli Underworld è un’occasione non da poco.
E se a permetterlo è il principale manipolatore di accordi di frequenze che il mondo può vantare, questo basta per dire che High Life è un disco a suo modo storico e per nulla trascurabile.
Return (09.00)
DBF (04.14)
Time to waste it (08.19)
Lilac (09.24)
Moulded life (04.55)
Cells & bells (07.41)
autore: Nadia Merlo Fiorillo