Questi zingari musicali non stanno mai fermi. Presi dall’ansia di suonare, girare, sperimentare, confrontarsi con le realtà più disparate del mondo sia sociali che musicali, pubblicano il loro secondo disco ma e il primo full-length. Tutti i musicisti coinvolti sono contemporaneamente in mille altre gruppi e fanno cose del tutto diverse e proprio questa enorme varietà di stili e di tendenze musicali è convogliata in “Zen crust”.
Se la base di partenza è il free jazz, la contaminazione domina. Si parte con il jazz etiope e tribale africano di “Bilaa jawaaz safar” per poi sbeffeggiare il fascismo in “Apopse pethainei o fascismos” fino a giungere nell’apparente dialettica di “New world border”. Ma il viaggio continua con la tensione e la sperimentazione di “Fremente” e va in velocità prima con la circolare e frenetica con “Pont des Arts” e poi con la cavalcata jazz di “Saffo’s wedding party”.
In “Miseria violenta” ritroviamo un folk caposselliano, mentre la tristezza brasiliana emerge nella boss-jazz di “Cultivar subervisos”. Intriganti poi gli spezzettamenti di “Fi Tunis” e nella title-track, nel finale, il gruppo si sfoga e mette di tutto con vari cambi di registro stilistico, dal prog all’etno fino al tribal-funk. Un disco che fa viaggiare tantissimo.
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autore: Vittorio Lannutti