A.I.U.T.O. gridavano praticamente i Sick Tamburo ai tempi del loro ultimo anno, nel 2009. Adesso, a distanza di cinque anni, la band torna “Senza Vergogna” di mostrare ancora una volta quanto li spaventava prima e che continua a spaventarli tutt’ora.
“Senza Vergogna” è il titolo del terzo disco dei Sick Tamburo, band nata dalle ceneri dei Prozac+ per volere di Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani. Sin dal principio, il duo si è orientato sull’analisi di sentimenti come paura, solitudine, dolore e altri mali dell’animo umano, che sembrava quasi in contrasto con le sonorità elettropunk delle melodie. A ben vedere, è possibile che questa dicotomia tra il triste e il danzereccio nasca proprio per meglio esprimere le contraddizioni dell’esistenza umana, che talvolta sa essere tragicamente infelice. Ci sono pezzi come “Ho bisogno di parlati”, in cui il testo “Ho bisogno di parlarti/della mia ipocondria/del perché dormo con la tv accesa” è declinato su una melodia allegra, quasi felice, o “Qualche volta anche io sorrido”, dove ritmo incalzante e quasi violento fa pensare a tutto fuorché a un sorriso (Domani e la mia festa/ domani sarò morto), per non parlare della magistrale “Quando Bevo”, che ben descrive le sensazioni di onnipotenza prima e malessere poi che si provano quando si alza un po’ troppo il gomito.
C’è chi ha definito questo disco come il più intimista dei Sick Tamburo ma a sentirlo così è forse solo il più angosciante. Attenzione, però: non è un’offesa al lavoro, che è assolutamente pregevole ma semplicemente una connotazione alle emozioni che scatena, che sono tutte riconducibili a un forte sentimento di angoscia.
Passando al piano tecnico, l’elettronica è il pane quotidiano di Accusani e Imelio oramai da anni, e anche questa volta, continuano per la loro strada già ben rodata, quindi nulla da dire. A fronte di quanto detto, l’unica cosa che si può augurare loro è di trovare ispirazioni più serene per i lavori futuri.
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autore: Veronica S. Valli