Dal 24 al 27 Luglio si svolgerà a Vasto (Ch) la prima edizione del Siren Festival e a volerlo è stato un americano. Strana sorte quella degli imprenditori di musica italiani, e di conseguenza del pubblico: se non fosse per un inglese di origine indiana (produttore dell’Umbria Rock festival) e di Louis Avrami ci sarebbe rimasto ‘solo’ l’Ypsigrock festival di Castelbuono – oppure lo Zanne festival a Catania – a rappresentarci nel circuito dei Festival (occhio alla effe maiuscola) d’impronta europea; quelli che con stile, in Inghilterra e poi sulle coste spagnole, da decenni vanno avanti con successo producendo Cultura, poi divulgazione musicale, mercato e per finire indotto turistico.
Ebbene Avrami, in compagnia della DNA Concerti, ha intuito le potenzialità turistiche e culturali della nostra bistrattata Italia e verso fine luglio produrrà un festival con una line up in linea con i tanto decantati festival europei, in più offrirà l’opportunità di abbinare alla passione per la musica anche la migliore offerta turistica per coinvolgere un pubblico preparato e desideroso di fare una vacanza fatta bene.
Di scena il 25 Luglio The National, The Soft Moon, The Drones, Dry the River (+ more artists tba); mentre il 26 Luglio saranno i Mogwai, John Grant, Tycho, Alexis Taylor (degli Hot Chip) e i Fuck Buttons (+ more artists tba) a rendere particolarmente interessante la prima line up di questo nascente festival.
Non mancheranno sorprese poichè la data del 27 Luglio è ancora tutta da scoprire e presto la direzione artistica annuncerà la lista che completerà un cast che ha poco da invidiare ai colleghi italiani soprattutto considerando che è alla prima edizione.
Abbiamo incontrato Pietro Fuccio di DNA Concerti e con lui abbiamo parlato del Siren ma anche dell’andamento dei concerti di matrice straniera che da noi stentano a decollare.
Presentaci il Siren Festival di Vasto (Ch). Il nome, la location, una regione quasi sempre decentrata rispetto ai tour italiani e stranieri…
Ci racconti come nasce l’idea di fare un festival internazionale nella provincia abruzzese? Ricordo che a Roseto degli Abruzzi per una decina d’anni producevano un festival interessante ma poi scomparso nel nulla.
La scelta del nome e della location è di una persona che in realtà vive nel New Jersey, Louis Avrami, che è anche l’ideatore del festival. E’ stato lui a pensare che Vasto, dove passa le vacanze da vent’anni, potesse essere la location ideale per un festival. Anche il nome Siren lo ha scelto lui, in omaggio alla sirena che è il simbolo di Vasto, dato che si racconta che sia il posto dove Ulisse fu attratto dalle sirene. Ma lo dicono in tutte le città di mare dell’Adriatico.
E’ sicuramente una location decentrata rispetto alle tratte delle tournée, ma secondo noi è giusto così, perché i festival devono essere qualcosa di diverso da un qualsiasi altro concerto anche nella location.
Louis è un grande appassionato di musica e anche negli USA ha collaborato con situazioni di questo tipo, a partire dagli All Tomorrow’s Parties tenutisi a New York. sono stati proprio loro di ATP a metterci in contatto.
In passato Frequene Disturbate a Urbino, poi Ferrara sotto le stelle, ora Vasto e il mare: che differenze ci sono tra i tre festival dove siete stati protagonisti con live di band ultra quotate ? La provincia è la dimensione adatta a un certo stile di investimenti?
Ferrara Sotto Le Stelle è più una rassegna di concerti che un festival vero e proprio, come era Frequenze e come vogliamo sia Vasto. Rispetto a Urbino spero di trovare un’amministrazione più seria e una popolazione meno ostile all’idea del festival. Non dovrebbe essere difficile.
DNA Concerti è una delle agenzie di booking più quotate in Italia, la classica storia che nasce dal basso e arriva a livelli internazionali. Siete voi, col vostro lavoro, a portare in Italia il meglio della musica rock, electro e indie. Forse potremmo considerarvi anche responsabili di un processo di ‘culturizzazione’ del pubblico italiano. Come vedi l’Italia da un punto di vista del business musicale, in particolare dei live?
Ci fai sembrare l’antidoto a Mediaset, sei troppo buono. Purtroppo l’Italia non è un grande mercato per gli artisti che piacciono a noi, perché l’attenzione del pubblico è troppo concentrata sugli artisti nazionali, il grosso dei quali fanno cose troppo diverse da quello che si ascolta ovunque all’estero e diseducano all’ascolto di tutto il resto. E poi siccome il sistema fa in modo che non ci siano mai più di una dozzina di nomi di cui si parla in giro, agli italiani manca proprio la curiosità di scoprire altre cose, sono abituati a una proposta molto limitata, il che secondo me è l’aspetto peggiore.
Secondo te quale città italiana recepisce meglio la musica dal vivo e soprattutto musica con un target estremamente underground?
Milano è sempre stata facilitata dall’essere la città più vicina al resto d’Europa e la sede delle discografiche e dei media, e così negli anni il pubblico si è fatto più ricettivo, perché la scena ne sollecita il pubblico con maggiore continuità.
Dove e come vorresti realizzare un festival e sai che non potrai mai farlo? Cosa manca in Italia per realizzare un festival come il Primavera Sound?
Tutto: l’attenzione delle istituzioni e dei privati, la disponibilità della gente a vedere un festival musicale come un’opportunità piuttosto che un pericolo, ma anche il pubblico e la professionalità di noi operatori. Quanto al dove ho sempre sognato un posto che avesse le caratteristiche di Vasto, dove c’è tutto il meglio che l’Italia ha da offrire: la spiaggia, palazzi e strade antiche, l’arte e il buon cibo.
Quali gli artisti, o l’artista/band, che sei più orgoglioso di aver portato in tour in Italia?
Sono molti, dai Kraftwerk ai Sonic Youth, ai White Stripes. Anche rappresentare i Verdena è un bel motivo di soddisfazione.
Ci racconti un paio di aneddoti curiosi, molto curiosi e divertenti, che ti è capitato con un solista o band?
Mi ricordo che entrare al Circolo degli Artisti in Vespa, con Mike Patton seduto dietro di me e nascosto dal casco, in mezzo a qualche migliaio di persone, è stato abbastanza divertente.
Qual è la città che ti ha deluso di più dal punto di vista dei risultati di pubblico?
Genova.
Operate a Roma, la capitale rispetto a Milano o Bologna come se la passa musicalmente?
Sicuramente meno bene, anche solo perché è più decentrata, come dicevo prima. Indubbiamente nell’ultimo decennio il Parco della Musica ha cambiato parecchio le carte, e il coraggio di Max Bucci che produce una cosa come Rock in Roma (e non solo) è qualcosa di sensazionale.
Anche tu pensi che il Sud Italia ha un divario culturale ed economico con il Nord per affrontare senza rimetterci soldi per una buona produzione di concerti?
Si. Purtroppo è un dato di fatto. Non mi piace la parola “culturale” perché al sud c’è grande passione per la musica, ma è un fatto che certi artisti soprattutto stranieri non ci passano mai perché non ce ne sono le condizioni e questo rende l’aggiornamento molto faticoso.
Perché determinate produzioni live non arrivano a Napoli, Bari, Catania?
A mio avviso la qualità degli operatori è sempre determinante. Troppi sanno solo piangersi addosso e lavorano solo per portarsi a casa qualche centinaio di euro anche in modi non ortodossi. Ci vorrebbe gente più coraggiosa, con un progetto e la voglia di superare gli ostacoli. Certo nelle città che dici sono gli ostacolo sono più alti che altrove.
Ci dici tre nomi di artisti/bands che nei prossimi due anni esploderanno e che DNA, ovviamente, porterà in tour in Italia? E quale band underground italiana potrebbe imporsi seriamente a livello internazionale?
Ammesso che ne abbia idea non te lo direi, perchè la concorrenza ci copierebbe. Come al solito!
http://sirenfest.com/
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autore: Giulio Di Donna