Continua la stagione di concerti a Napoli. Dopo la brutta figura nei confronti di Piers Faccini al Duel Beat e la scars(issim)a affluenza di pubblico nelle successive serate (Perturbazione e Calibro 35), purtroppo anche durante la bella esibizione degli Zen Circus alla Casetta della Musica dello scorso 18 Aprile, passa con un po’ di amarezza. La band, sul palco dalle 23:00 circa, ha offerto come suo solito uno spettacolo fuori dal comune. Più di un’ora e mezza di show senza pausa, se non per qualche minuto, dimostrando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto la cricca di Appino and company sia, attualmente, tra le migliori proposte musicali del panorama indipendente italiano. Inarrestabili, dall’inizio alla fine, il Circo Zen è devastante. E, fattore non da poco, l’ultimo album sembra suonare ancora meglio live piuttosto che da supporto. Si inizia, appunto, proprio con “Canzone contro la natura”, così da far comprendere subito ai (pochi) presenti, l’andazzo della serata. Il pogo scatta subito e la gelida (nel senso letterale del termine…) Casetta della Musica sembra riscaldarsi un po’. Merito della band e del pubblico e non certo della location, accogliente come un magazzino della seconda guerra mondiale in disuso. Un passo indietro con “Gente di Merda” e “Vent’anni” fino a “We just wanna live”. “Andate tutti a fanculo”, urlato a squarciagola dal palco e dalla platea, è un momento catartico, che serve un po’ a tutti, pubblico ed addetti ai lavori. Probabilmente anche a chi ha scoperto che, per fare un paio di fotografie dal pit, c’è bisogno di un fantomatico pass plastificato che l’organizzazione ha tenuto nascosto sino a qualche minuto prima del concerto. Ma d’altronde, che importanza ha pensare a questi “dettagli”?
Si continua con “L’amorale” e la meravigliosa “Vecchi senza esperienza”, fino ad un altro momento “nazional-popolare” con “Aprirò un bar” e all’immancabile “Figlio di puttana”. Un’inaspettata “Ragazzo eroe” ed una bella “Postumia” preparano all’ultimo brano della prima parte del concerto: “Canzone di Natale”. Durante la mini-pausa, gli Zen hanno ben pensato di intrattenere i fan con la trasmissione di un finto giornale radio. “Scacchista vegano rifiuta di mangiare i cavalli, la partita è sospesa” oppure “Sfuggite alla sicurezza, alcune bottiglie d’acqua introdotte ad un concerto. E’ strage!”. Si chiude con “L’egoista”, “Albero di Tiglio”, “Viva” e con il rush finale di “Fino a spaccarti due o tre denti” e la curatissima “Nati per subire”.
In sintesi: nulla da eccepire sulla band. Gli Zen sono stati, anche questa volta, incredibili. Pubblico educato, molto giovane e decisamente coinvolto. Molto da dire, purtroppo, su tutto il resto. Location decisamente fuori luogo, promozione scarsissima (mezzo evento su Facebook e due locandine attaccate all’interno della Casetta della Musica), nessun interesse per gli addetti ai lavori, completamente abbandonati a loro stessi. La scarsa affluenza di pubblico, anche per band più che affermate come in questo caso, è la prova di una visione gretta e miope che sta ammazzando la musica live a Napoli, giustificata (fino ad un certo punto) nel caso di giovani promoter, ma che è impensabile da ritrovare anche nell’operato di chi organizza spettacoli live da tanti anni.
autore: A. Alfredo Capuano
foto di Emanuela Martucci