Basterebbe la partecipazione al progetto di artisti come Sara Lov (dai Devics), Alessandra Gismondi, Laura Loriga (Giardini Di Mirò), Enrico Pasini (che accompagna Beatrice Antolini) e i due Julie’s Haircut Ulisse Tramalloni e Andrea Rovacchi (che rispettivamente han curato batteria e produzione) a garantire la qualità dell’album. Soprattutto se consideriamo che i due protagonisti, cioè i Vessel, non sono altri che il fondatore, la voce e la chitarra (Corrado Nuccini) e il polistrumentista (Emanuele Reverberi) degli applauditissimi Giardini Di Mirò. E infatti la qualità non manca; né nella scrittura, né nella registrazione, né nella produzione. “Le Difese” è il primo album dei Vessel ed è uscito il 17 febbraio scorso in edizione limitata di 500 copie in vinile; tuttavia, non si può parlare di esordio in studio, viste le pubblicazioni di tre lavori di durata minore, tra cui “I Principianti”, ep che era incaricato di anticipare la pubblicazione dell’album.
Gli ultimi anni di musica indipendente sono pieni di esempi di artisti che intraprendono strade secondarie ma riprendendo grossomodo le coordinate stilistiche della band madre. Paradigmatico è “Settimana” degli Havah, band alla quale ha preso parte Jacopo Lietti direttamente dai Fine Before You Came, che contiene massicce dosi di post rock così come nello stile dei toscanacci. I Vessel non possono essere più lontani da questi casi. Del rock e del tepore diffuso dei Giardini c’è poco in “Le Difese”, meno che mai le progressioni ammalianti. Piuttosto, si fa largo una devozione alla forma canzone più vicina al cantautorato dove la chanson francese e la tradizione italiana che creano un’ottima miscela, che sembra strizzare l’occhio in alcuni tratti a elementi teatrali o cabarettistici. Spesso le liriche sono affidate a voci femminili, Angela Baraldi, Sara Lov, Alessandra Gismondi, Barbara Cavaleri e Laura Loriga, con timbri particolari e ricercati che meglio non potrebbero sposarsi alla polpa del suono. Chitarre e ritmiche creano un lieve folk primordiale, vicino allo stile polveroso di Salvo Ladduca (in arte Nazarin), maturo e coinvolgente come solo i bagagli di esperienza dei due Vessel possono creare, qui fiabesco, qui serio. Calde, sanguigne, plumbee e pacate, le ballate cedono sovente il passo alla vena cantautorale, ma i ricami sonori non passano mai in secondo piano (vedi Cafeidi, Supernove o Sinnò Me Moro). Niente di più lontano, quindi, dai padri Giardini Di Mirò.
Il fil rouge che lega la mezz’ora abbondante de “Le Difese” ha un forte gusto retrò e derivativo, a cui tuttavia la sapiente composizione sa ovviare. Così, le dieci tracce si mantengono fresche e godibili, ben lungi dal tediare l’ascoltatore, tra lenti parlati al limite col teatro canzone (Nudisti Su Marte) e voci ipnotiche che si dispiegano su arpeggi seducenti (Il Soffio o Battan L’Otto). Il folk proposto dai Vessel ricorda nei tratti più vigorosi quello dei romani Il Muro Del Canto, senza la componente dialettale, e sa essere essenziale e lineare (Cafeidi, Supernove) quanto complesso e stratificato, senza però un eccesso o una forzatura (Che Animale Sei). La maturità dei componenti della band è alla base dello studio di tutte le trame, sempre brillanti e cristalline, e va a costruire architetture apprezzabili alla base delle liriche (Non Sei Più Tu) o si dimostra nell’armonia di alcuni brani, profondi, persino spirituali (La Bussola). L’impronta cantautorale è evidente in tutte le tracce, soprattutto quelle caratterizzate dalla voce maschile (Una Città D’Incanto), eccetto una traccia, l’ultima, Sinnò Me Moro, che è meramente strumentale, un intreccio di chitarre lento e conciliante.
Dunque, fidatevi e fatevi attrarre dalla folta partecipazione, perché la qualità è garantita. Non fatevi ingannare, però, dalla provenienza dei due Vessel; perché “Le Difese” non poteva posizionarsi più lontano dai Giardini.
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autore: Simone Pilotti