Nebraska, Regia: Alexander Payne – Sceneggiatura: Bob Nelson – Attori: Will Forte, Bruce Dern, Bob Odenkirk, Stacy Keach, Devin Ratray, Rance Howard, June Squibb, Angela McEwan.
Woody Grant (Bruce Dern), vecchio, stanco e forse con un principio di demenza, è convinto di aver vinto il premio milionario di una lotteria e per incassarlo è deciso a recarsi a Lincoln in Nebraska, un posto lontanissimo da casa. I suoi familiari esasperati vorrebbero portarlo in un istituto. Tutti tranne David, il figlio minore (Will Forte) che decide di accollarsi la sua follia, spinto quasi da una forma di pietas. I due uomini partono così per un viaggio lungo le strade della provincia americana che, in qualche modo, li porta a riavvicinarsi, a rivelarsi in maniera del tutto diversa da quella che avevano immaginato.
Nebraska ricalca temi e meccanismi narrativi non dissimili da quelli già maneggiati da Alexander Payne in altri suoi film. In A proposito di Schmidt ci eravamo trovati in compagnia di vecchio Jack Nicholson alle prese con il suo passato, avevamo avuto a che fare con le malinconiche avventure di due viaggiatori improvvisati in Sideways, mentre al centro di Paradiso amaro vi era tutta la fragilità dei legami familiari. In ognuno di questi film, piccole storie quotidiane divenivano lo specchio di una condizione umana molto più ampia. Payne è poi abilissimo nel riuscire a toccare le corde giuste. Ad evitare la retorica, sempre in agguato, quando, come in questo caso, sono affrontati temi come la vecchiaia e la malattia, la famiglia e le sue contraddizioni. Da questo punto in Nebraska il regista sceglie, in un ottica autoriale ultra-indie, di far perno, più che sul dialogo, su di una eleganza visiva a dir poco esemplare, sia quando si tratta di ritrarre i grandi spazi, le pompe di benzina, i motel della provincia americana, sia quando nelle inquadrature viene ripreso un Bruce Dern con le rughe e lo sguardo perso, ritratto di una disillusione così profonda da andare ben oltre il livello personale. In poche parole un film da non perdere, anche se per vederlo bisognerà affrontare le scomodità di qualche cinema d’essai.
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autore: Alfredo Amodeo