Quello che più mi sdegna fra le decine di takes provenienti dalla vasta giungla sono pezzi senza capo né coda, passaggi sfilettati o tracce buona la prima di identica matrice e accade di scartare dal mucchio roba che al primo ascolto sembrerebbe carta velina, per poi riappropriarsene solo per risentirne la grana sotto le dita.
Circostanza che ha riguardato i Causa Sui, gruppo danese dalle notevoli doti tecniche oltre che filologiche. Tempo addietro provai ad addentrarmici, non mi convinsero e con tutta sincerità puntai il cursore e feci sposta su cartella cestino. Poi qualche giorno fa li ho ripresi, drizzando l’udito sulla chitarra di Munk che abile nei crossover lambisce l’estrosità senza sbafare.
Al 2005 è datato l’esordio omonimo con la Nasoni records, label indie berlinese dedita per lo più a uscite in vinile e dai quasi 60 minuti di quell’esordio affiorano tagli Blue Cheer (Ventura freeway), rigagnoli straparlati (Where the streams collide) e toniche raga (Leilani).
L’asciuttissimo Free Ride di due anni a seguire replica la perifrasi calcificando il lotto per blocchi stoner sulla falsa riga dei Dozer e degli Electric Wizard. Ora sorge un problema: trovando già complicato capire dove inizia il cut up e dove termina il falso d’autore – tanto per usare un eufemismo – , i brani sono spesso corredati da un lungo minutaggio e corrono ogni volta il rischio di sbiellare il concept.
È la Elektrohasch Schallplatten di Monaco a curarne la produzione e lo sarà per i lavori successivi fino al 2011 anno in cui il chitarrista Jonas Munk e il percussionista Jacob Skott danno vita alla El Paraiso, autoproducendosi lavori solisti e di gruppo come nel caso dei due lp Pewt’r Sessions e di quest’ultimo Euporie tide.
I dubbi sulla varietà di proposta linguistica permangono, dacchè sembra chiaro non ci sia spazio per altre jam che pur si presterebbero benissimo al prodotto, ma in questa rosa di brani che si possono contare sulle dita di due mani, si intravede una maggiore attenzione agli incroci di colori che fa ben sperare.
Ascoltiamo con attenzione lo stumming di Boozehound e Mireille – brano di intensa percezione surreale – che rilasciano ombre tematiche più riposate – stile swinging london stramba e sconvolta – a discapito dell’ipotassi.
Le svisate cromatiche e l’energia condensata fanno ricredere rispetto ai lavori precedenti che ex abrupto gorgheggiano assorbiti. Ascoltiamo l’elevazione lisergica di Fichelscher sun o i drones da camera di Sota el cel e viene da chiedersi cosa possa transitare per la mente di Jess Kahr quando fa riverberare il suo passivo sfidando venti e maree, viene da domandarsi se un assolo di sezione zappiano, come quello di Munk in A Juice a tre quarti di brano, non possa far gelare le vene senza provocare almeno refrigerio; pervicace e melodico, sublime e scriteriato come nei liberi excursus di Sheik yerbouti, Euporie dite, pur non negando il passato, certifica un indubbio salto di qualità.
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autore: Christian Panzano