In Italia abbiamo un problema (cioè, in realtà ne abbiamo tanti, ma limitiamoci per un attimo alla scena musicale), e in particolare è un problema che si ha nella scena Indie che, a discapito di quanto se ne possa pensare, è ben munita di ascoltatori chiusi e poco aperti al “diverso” quanto lo sono i fruitori di musica mainstream. E, fra i vari aspetti di tale pubblico, c’è quello che se un prodotto italiano “suona” estero (compreso il cantato in inglese) è buono, altrimenti no (o è al massimo qualcosa di ascoltabile, “ma in Inghilterra o America non se lo cacherebbe nessuno”).
In preda a questo delirio esterofilo (e anche a una buona campagna pubblicitaria) “Call It Blazing” degli A Classic Education è stato accolto dalla maggior parte della critica e del pubblico fra boati che, con le giuste proporzioni, si avvertono solo quando esce l’album di una grande star internazionale (o di Vasco Rossi).
Perché “Call It Blazing”, a quanto pare, “suona estero” (“e grazie ar cazzo”, aggiungerei, visto che il leader della band, Jonathan Clancy, è di origini canadesi e non è di primo pelo).
Delle tante recensioni ricevute ce ne fosse una, come al solito, che si concentri sugli aspetti musicali piuttosto che sul limitarsi a distribuire encomi non motivati, tra l’altro posti tramite l’uso di forme sintattiche “ricercate”, fra metafore ed affini, manco si stesse scrivendo un romanzo. Cioè, stai scrivendo una recensione, non un cazzo di racconto.
Con questo non voglio certo dire che “Call It Blazing” sia un album brutto o da cestinare. Anzi.
“Call It Blazing”, con la sua malinconia pop, la sua sognante psichedelia, la produzione in analogico che dona un sound caldo al tutto, le melodie per certi versi accattivanti e gli arrangiamenti ben ponderati e mai banali, oltre ad una buona dose di sperimentazione nella destrutturazione della forma-canzone a favore di cambi repentini nel brano (ma mai eccessivi come può accadere nel Progressive), è un album ascoltabile. Ma nulla di più.
La pecca di “Call It Blazing” sta nella ripetitività dell’offerta (e forse per questo si spiega come mai gli A Classic Education, fino ad ora, fossero usciti sempre con EP o singoli, piuttosto che su album), una ripetitività ancora più marcata dal fatto che l’album dura solo 35 minuti e 27.
Sebbene i brani siano ricercati, come già detto, sia dal punto di vista della produzione che degli arrangiamenti (e qui vanno grandi note di plauso a Clancy, Luca Mazzieri, Paul Pieretto, Giulia Mazza e Federico Oppi), mancano della più semplice qualità che ogni brano dovrebbe avere, quella che permette ad una canzone di essere fica anche suonata con una sola chitarra e voce: la melodia.
Le melodie dei brani di “Call It Blazing”, per quanto avvolgenti, dopo un po’ annoiano, sulla lunga distanza, in quanto troppo simili l’una fra l’altra, considerando anche che la proposta musicale si mantiene sullo stesso stilema per tutto l’album, sia come suoni che come soluzioni armoniche.
Mi verrebbe da dire che il clamore provocato dagli A Classic Education (che sembra nei prossimi mesi faranno faville, a quanto si legge su internet) sarebbe stato meritato più da band come i Settlefish o come i più recenti Drink To Me, accomunati al quintetto bolognese oltre che da un certo approccio alla composizione anche da trascorsi “paralleli” (Jonathan Clancy è un ex membro dei Settlefish mentre “Brazil”, ultimo lavoro dei Drink To Me che non ho paura a definire capolavoro, oltre a condividere con gli A Classic Education alcune atmosfere nel sound, con le dovute differenze, è stato mixato da Bruno Germano, anch’egli Settlefish).
In definitiva, “Call It Blazing” è un album gradevole che però non aggiunge nulla a quanto detto in musica fin’ora, in Italia come all’estero.
A Classic Education – Baby, It’s Fine by A Classic Education
A Classic Education – Forever Boy by A Classic Education
A Classic Education – Call It Blazing 100% from A Classic Education on Vimeo.
A Classic Education – “Gone To Sea” from Jamie Harley on Vimeo.
Autore: Giuseppe Galato
www.aclassiceducation.com/