Sarà stato forse scelto per questo il titolo dell’album, ma sta di fatto che il re dei limbi in questo caso è proprio la musica che i Radiohead ci regalano in questo nuovo pacchetto di otto canzoni che definire album è una parola davvero grossa.
Certo i Radiohead andranno sempre osannati per la loro attenzione alle tendenze anti-mercato, che si confermano anche nelle strategie di distribuzione di questo disco (solo 9 pounds, scaricabile anche gratuitamente dai loro siti), certo i Radiohead andranno sempre ricordati come la band più coraggiosamente eclettica che abbia mai calcato le scene musicali dagli anni ’90 ad oggi (e anche quest’album ce ne dà una conferma con una serie di scelte “impopolari”), certo i Radiohead sono e resteranno sempre quelli di OK Computer ovvero il Dark Side of the Moon degli anni ’90, ma…Per quanto tempo hanno intenzione di campare di rendita su questi pur sacrosanti riconoscimenti?
Tutti se lo sono chiesti dopo il duetto Kid A – Amnesiac, in cui Kid A rappresentava la svolta, il rifiuto delle regole del mainstream, il coraggio di cambiare e diventare improvvisamente anticommerciali e difficili più che mai, e Amnesiac il suo lato B, l’album stancante, a tratti insopportabile nella sua pretenziosità, e sicuramente privo dei colpi di genio di Idioteque o How to Disappear Completely.
Ebbene, dopo il passo falso di Amnesiac, i Radiohead uscivano col mezzo passo falso di Hail to the Thief, e sembravano allontanarsi per sempre non solo dai fan ma dai cultori non radical-chic della musica rock. Poi è arrivato In Rainbows, l’album della nuova speranza, l’album che ha fatto dire che i Radiohead non sono morti, anche se vogliono continuare nel loro cammino di nicchia.
Adesso però questo King of Limbs li fa sprofondare di nuovo nel baratro della autoreferenzialità, facendo il paio con il mediocre Eraser, l’album solista di Yorke (di cui questo sembra essere al massimo la raccolta di outtakes).
Dopo il ritorno alle ballate e agli strumenti puri e vivi di In Rainbows, King of Limbs si segnala per la scelta esclusiva e quasi assolutista dell’elettronica e del campionamento di basi ritmiche create al computer, e questo ci può ancora stare (anche se le canzoni immortali dei Radiohead non sono mai venute da lì, diciamolo una volta per tutte).
Il punto è che gli otto pezzi (poco più di 30 minuti) non sono altro che prove, in alcuni casi pure mal riuscite, di campionamenti, scratch, effetti, disarmonie, ritmi elettronici: insomma, rumori belli e buoni e poco di più. Dentro questi esperimenti (ma verrebbe fatto di chiamarli scarti), troviamo qualcosa di interessante, per esempio nell’inquietante assolo di piano iniziale di In Bloom, che però sparisce subito sepolto dalle distorsioni, o nel gioco di chitarre acustice di Little By Little, o nel tono epico e di ampio respiro di Separator, o nella conduzione della trama sonora in Lotus Flower, un pezzo che non deve essere stato scelto faticosamente come singolo, visto che è l’unico a potersi definire canzone (ed è l’unico a cui è collegato qualcosa di esplosivo alla radiohead, e parliamo ovviamente del geniale video che sta facendo il giro del web).
Ma è tutto troppo poco e per giunta sparisce anche durante l’esecuzione dei pezzi, sommerso dalla voglia nichilista dei Radiohead di tutto soffocare, tutto disperdere, tutto confondere, mentre la voce stupenda e lirica di Tom Yorke, rifattasi viva in In Rainbows dopo anni di latitanza, di nuovo qui viene sacrificata alle esigenze dell’elettronica, tornando a produrre quei lamenti in falsetto tipici di Amnesiac che molti fan amano dimenticandosi però di quello che Tom era capace di fare in High and Dry, Let Down, Stop Whispering, Creep, The Bends, Bones, che pure, diciamolo con forza, sono canzoni dei Radiohead e non possono essere crocifisse e bandite solo perché melodiche.
Alla fine, questo re dei limbi ti lascia un tale boccone amaro se sei davvero un amatore del gruppo di Oxford, che non puoi che credere alle voci sempre più insistenti, supportate da un verso di Separator, l’ultimo pezzo, secondo cui “if you think it’s over, you’re wrong”. Questo sì, questo ingannare i fan lasciando credere che gli otto poco-più-che-outtakes siano tutto quello che la band ha potuto fare in quattro anni, sarebbe davvero molto Radiohead. E in tal caso, con un altro album da qui a poco – adesso è ufficiale – , magari tutto acustico e rockeggiante, troverebbero noi in prima fila ad applaudirli per “lo scherzetto” di adesso. Anche se Halloween è passata da un pezzo.
TRACKLIST:
“Bloom”
“Morning Mr Magpie”
“Little by little”
“Feral”
“Lotus flower”
“Codex”
“Give up the ghost”
“Separator”
Radiohead – The King of Limbs: Album Preview Mix by One Thirty BPM
Autore: Francesco Postiglione
www.radiohead.com