La politica coraggiosa dei piccoli passi e delle grande idee: i titoli pubblicati ogni anno sono appena due-tre, ma il catalogo è già tutto da scoprire, ricco di nomi interessanti pescati nell’underground italiano e non solo.
Le risposte del maestro di cerimonie Onga a qualche nostra domanda vi introdurranno nel mondo della trevigiana Boring Machines, una delle più valide etichette italiane dell’ultimissima generazione. A completamento seguono le recensioni di tre dischi altamente consigliati.
Vita e miracoli (per la morte c’è ancora tempo, no?) di una piccola etichetta di provincia… raccontaci tutto della Boring Machines: l’atto di nascita, le energie coinvolte, le aspettative fallite, gli obiettivi raggiunti, i progetti futuri…
Boring Machines nasce come tutte le etichette dalla voglia di produrre qualcosa che qualcun altro non stava producendo ma si riteneva degno di nota. Nel particolare parliamo del primo album ufficiale di My Dear Killer, cantautore italiano di nascita ma ai tempi residente a Londra. Un cantautore speciale, una persona speciale per il quale condividevo la passione assieme ad altri amici (Madcap Collective, Shyrec, Eaten by Squirrels e Figlio Tucano).
Il desiderio di continuare l’avventura è venuto man mano conoscendo nuove persone speciali che fanno musica per me speciale: Be Invisible Now!, Satan is my Brother e via via gli altri.
L’etichetta la gestisco io in prima persona e faccio tutto da solo o facendomi aiutare dagli amici che sono entrati a farne parte, Be Invisible Now! alle grafiche, Littlebrown di Madcap Collective per il sito. Avendo deciso di puntare tutto sul mio gusto e sulla qualità della musica più che sull’ipotetico ricontro commerciale (di questi tempi? Ma ne vale la pena?) tutte le risorse finanziare e umane che servono arrivano dal mio lavoro diurno e dall’aiuto degli stessi artisti che co-producono con me la loro release. Il mio è un rapporto d’amore verso il prodotto/disco e passare le notti a confezionare a mano i packaging, passione che ho mutuato nel tempo da grandi etichette come la Constellation all’estero o Afe Records qui in Italia, non fa che aumentare l’amore verso il prodotto stesso. Quando qualcuno compra un disco di Boring Machines mi piace immaginare che senta questa vibrazione tenendolo in mano.
Aspettative? ZERO. Quando non ti aspetti nulla qualsiasi cosa è un piccolo successo, e sto da troppo tempo in mezzo al mondo della musica per avere ancora delle aspettative. Sono cosciente che la proposta è di nicchia e come ti dicevo punto tutto sul mio gusto, Boring Machines è una parte di me e non potrebbe essere diversa. Mano a mano che escono nuovi dischi raggiungo sempre più persone in Italia e all’estero e qualche soddisfazione arriva sempre, come qualche bella recensione su The Wire che è la bibbia del suono “altro” o un ordine di dischi da Oslo.
Proprio The Wire ha appena scelto la mia ultima release ad opera di Punck per essere inclusa nella loro celebratissima compilation The Wire Tapper che viene stampata in centomila copie in tutto il mondo. Ho ricevuto la notizia mentre ero negli States e ho rischiato di svenire. Come al solito se ne accorgono prima all’estero che in Italia di quanto validi siano certi artisti e Punck è sicuramente uno di questi grazie al suo immenso background e al suo lavoro appassionato. Queste sono grandi soddisfazioni, davvero, e spero che sempre più persone si accorgano del grande patrimonio sperimentale che abbiamo in Italia.
Sodalizi, concerti, attenzione dei mass media: qual è lo spazio che la Boring Machines ha saputo ritagliarsi nella scena discografica italiana in questi primissimi anni di attività?
Devo dire che prima che nascesse Boring Machines ho avuto modo come dj e organizzatore di concerti di conoscere un sacco di persone, lavorando assieme a Madcap Collective sul secondo disco dei Franklin Delano ho avuto accesso a molti contatti con la stampa. La linea discografica di Boring Machines è generalmente poco appetibile per la maggior parte delle persone che conosco nel settore stampa, è una questione di gusti ed indirizzi, ma il riconoscimento per il lavoro svolto è arrivato rapidamente, fin dall’uscita del primo disco di My Dear Killer. In più credo che lentamente ci si stia un po’ aprendo alle sonorità sperimentali e sono in aumento le testate, soprattutto web, con le quali confrontarsi. Quel che conta di più in ogni caso è la partecipazione, io mi muovo spesso e vado a vedere moltissime band che suonano dal vivo ed è in quelle occasioni che si conoscono le persone e si tessono dei buoni rapporti e ci si può capire meglio.
La questione live è più o meno la stessa, molte delle persone che conosco non se la sentono o non hanno occasione di portare proposte che considerano “estreme”, Satan is my Brother a volte incontra ostacoli per via del nome (in un paese in provincia di Venezia hanno discusso del gruppo in consiglio comunale!!) ma a volte credo si tratti solo della solita questione provincialistica nostrana. In realtà gruppi come Satan is my Brother con il loro mix di ambient, jazz e suggestioni cinematografiche alla David Lynch sono molto godibili da un pubblico anche ampio e la partecipazione alla rassegna Audiovisiva di Esterni a Milano o al Tagofest a Marina di Massa lo hanno dimostrato.
In generale però il tentativo è di lavorare in controtendenza alle normali procedure. Niente sovraesposizione, nessun presenzialismo, l’obiettivo è arrivare al punto di avere una credibilità tale, a livello qualitativo, che sia interessante avere una band Boring Machines dal vivo. Il mini-tour nelle librerie di My Dear Killer è stato molto buono e anche Be Invisible Now! con i real-time video curati da Eeviac sta riscuotendo buoni consensi. però quando suona
Ora si punta anche all’estero, per vocazione Boring Machines è internazionale; dal prossimo autunno sono in preparazione dei mini-tour in Slovenia/Rep.Ceca e in Germania, mentre Whispers for Wolves verrà in Italia dagli Stati Uniti probabilmente nella primavera 2009, e sarà una cosa assolutamente da vedere!
Boring Machines come sinonimo di “prodotto disco” venduto ad una cifra contenuta in un bel packaging cartonato… Il prezzo calmierato e la cura grafica possono essere due armi utili contro la crisi di vendite dei cd? Qual è la tua posizione riguardo alla masterizzazione, al file-sharing, alla tutela del diritto d’autore compromesso dall’uso della tecnologia?
La mia posizione, e non è una posa, è chissenefrega. Che io sappia di diritti d’autore ci vive, o ci guadagna almeno, solo chi vende molto, moltissimo e lo fa programmando il prodotto in base alla potenziale vendita e non è il mio caso, sono per la filosofia Creative Commons in generale. Sono molto diffidente nei confronti dell’industria discografica in genere e dei suoi meccanismi arraffasoldi che danneggiano la musica e i musicisti e non la distinguo molto dalla cultura del “gratis” che si è diffusa nell’ultimo decennio, per me sono il male comunque. Io stesso scarico molta musica perché in mezzo alla babele di nuove uscite è difficile orientarsi quindi una ascoltata “a gratis” gliela do volentieri. Poi però accade, da appassionato di musica, che compro praticamente tutto quello che mi piace e supporto molto gli artisti indipendenti andando ai loro live e comprando dischi. Allora il file-sharing acquista un suo senso secondo me, ma chiunque è liberissimo di fare come vuole, in realtà vedere su Soulseek che qualcuno sta scaricando un disco di un mio artista mi fa quasi piacere, vuol dire che almeno lo ha sentito nominare…
Il prodotto super-ricercato e a bassi prezzi non è un arma contro la crisi, è solamente una filosofia derivata da migliaia e migliaia di acquisti negli anni. Se un disco suona bene, ha un bel packaging e costa poco… ne prendo due. Eppoi, per fare un discorso commerciale generalizzato a tutti i prodotti, se la produzione mi costa due euro chi me lo fa fare di vendere il prodotto a venti? Quanto può durare?
Il motto dell’etichetta recita “In difesa della musica noiosa”. Oltre a quella da voi direttamente pubblicata, quale altra musica “noiosa” ha la capacità di “rallegrare” i tuoi timpani?
Domanda da un milione di dollari, anzi da un milione di nomi. Parlando di etichette direi tutto il catalogo Constellation, Kranky, Afe Records, Die Schachtel. In realtà come ascoltatore provo grande piacere sia nell’ascolto di musica acustica che elettrica ed elettronica e i miei ascolti sono molto vari, le mie ultime fisse sono Indian Jewelry e These Are Powers, Andrea Marutti (boss di Afe) riempie molte ore dei miei ascolti con la sua ambient scurissima, non resisto a riascoltare più volte i dischi del mio amico Bob Corn e vado volentieri indietro nel tempo a riascoltare Can, Kluster/Cluster e poi la techno ’88-‘93 e poi davvero troppi troppi nomi di cui moltissimi italiani, sul mio profilo myspace /ongadj ci sono alcune playlist per farsi una idea.
Per mettere una ipoteca sul futuro dirò che il prossimo disco di Father Murphy, che uscirà in autunno, è una bomba ed è il mio disco dell’anno già da ora.
Mi interessa raccogliere le opinioni di chi ci segue dall’altra parte dello schermo… Sei un lettore abituale di www.freakout-online.com? Cosa ti piace del nostro sito? E al contrario, in cosa potremmo migliorare? E del Freak Out cartaceo cosa mi dici…?
Raramente ho avuto per le mani il FO cartaceo, leggo più spesso la versione web e la trovo una buona lettura per quanto riguarda le recensioni e le news in ambito indie, molto interessante leggere poi i reportage dai live come quello del Neapolis Festival al quale per questioni geografiche sono impossibilitato a partecipare. L’unica cosa che chiedo sempre a chi si occupa di musica, e vale per tutti non solo per Freakout, è un maggior coraggio nell’addentrarsi nel mondo della musica sperimentale, senza diventare settoriali per carità ma dando la possibilità ai molti lettori di sapere almeno che c’è vita dopo i Sigur Ros.
Ciao, e grazie mille per la tua disponibilità!
Grazie mille a te e Freakout!
Guida all’ascolto
Satan Is My Brother – S/t (BM004 – 2007)
“Ah però, e questi sul palco chi sono?”. Ecco cosa mi chiedevo in una giornata di fine maggio durante il festival milanese Audiovisiva assistendo al live dei Satan Is My Brother, favorevolmente impressionato dal loro set e alla disperata ricerca di qualche indicazione all’interno di un programma piuttosto evasivo sui nomi dei protagonisti minori dell’evento. Una bellissima sorpresa, e ammetto che sono arrivato un po’ in ritardo visto che l’omonima prova d’esordio del quartetto è uscita più o meno un anno fa… Ma insomma, meglio tardi che mai, e quale miglior modo per avvicinarsi al suono dei Satan Is My Brother se non vederli all’opera dal vivo come è capitato a me? Un gran concerto, firmato da una band molto affiatata, ed una scaletta composta da brani compattissimi, scanditi da un irresistibile groove di basso/batteria, scossi dal tribalismo free-jazz dei fiati e saturati all’inverosimile da effetti di tastiera, loops e field recordings. Immaginate i Red Snapper alle prese con la colonna sonora di Twin Peaks, oppure il Chicago Underground Quartet rinchiuso al gran completo in una camera iperbarica, o ancora provate a pensare ad un super-gruppo formato da membri di Acoustic Ladyland, Zukanican e Kammerflimmer Kollektief e così vi sarete fatti almeno una vaga idea di ciò che i Satan Is My Brother hanno da offrire… E a questo aggiungete poi un’ottima presenza scenica, garantita dalla proiezione durante lo show di un filmato girato dalla band stessa a bordo di un’auto lungo il tratto di autostrada tra Milano e Torino: squarci metropolitani, immagini ora più nitide ed ora più sfocate, il profilo di vetture che sfrecciano sulla corsia di sorpasso ed aloni di luce inghiottiti dall’oscurità della notte contribuiscono ad aumentare il mood cinematografico dei pezzi in repertorio.
Rispetto al live, il cd si colloca un gradino al di sotto, come del resto era lecito attendersi per una proposta del genere, e se certo la registrazione offre qualcosa in meno sul piano dell’incisività ritmica, in compenso la possibilità di ascolti ripetuti permette di soffermare maggiormente l’attenzione sulla coloritura timbrica, calibrata tra sibili insistiti di sax, borbottii sulfurei di trombone e nastri vocali graffiati dal magma sonoro sottostante. La mancanza della parte video poi risulterà penalizzante solo alle menti più pigre ed asettiche, perché in realtà la visionarietà di questo disco basterà già da sola a nutrire l’immaginario dei vostri personali viaggi, fisici o psichici che essi siano.
Whispers For Wolves – Language of the dards : Tau and Twilight 100,000 songs of Milarepa, noise narratives part 1 (BM006- 2007)
Dietro la sigla Whispers For Wolves si cela la musicista e compositrice statunitense Melissa Moore, attiva come cacciatrice di field-recordings sotto lo pseudonimo di Tauu, appassionata di installazioni sonore ed esperta nella creazione artigianale di nuovi strumenti. Nata nel 1975 a Washington DC ed attualmente stanziata a Baltimora, dove tra l’altro cura la rassegna elettro-acustica Sound Pillows, Melissa fa tutto da sola tramite l’impiego di voce, chitarra, oboe nepalese ed elettronica e consegna alla Boring Machines i primi tre brani di quella che dovrebbe essere una serie in divenire di narrazioni ispirate dal testo sacro del buddhismo “100,000 songs of Milarepa”. Il mantra oppiaceo di “The collective darkness”, le increspature noise di “”Kuu Aari Hassu” ed il flusso di coscienza galleggiante sui drones uterini di “Woman Eagle” vanno a comporre un’opera di grande fascino, sospesa in un limbo atemporale tra ambient disturbata e folk primordiale. Se amate il catalogo della finlandese Fonal – penso ad un nome come quello di Islaja, ma tenete presente che qui tutto è filtrato da una più spiccata sensibilità sperimentale e poi immerso in una dimensione introspettiva meno ancorata alla forma-canzone tradizionale – non lasciatevi assolutamente sfuggire questo cd. Come una Carla Bozulich che ha trascorso la propria adolescenza a fianco dello yogi indiano Milarepa anziché sui marciapiedi di Los Angeles, se riuscite a figurarvi cosa intendo.
Expo ’70 / Be Invisibile Now! – S/t (BM007 – 2008)
L’ultima uscita di questa breve rassegna, nonché l’ultima in assoluto del catalogo della label, è questo split-cd composto da quattro lunghe tracce, due accreditate allo statunitense Justin Wright aka Expo ’70 e due all’italiano Marco Giotto alias Be Invisibile Now!
Per l’occasione la Boring Machines unisce le proprie forze con l’etichetta americana Kill Shaman ed il ponte musicale che tale collaborazione getta tra Europa e Stati Uniti si regge sui pilastri della Kosmische Muzik tedesca e della drone-ambient di casa Southern Lord.
Spetta ad Expo ’70 il compito di aprire le danze: davvero ottima “Heir of presents”, che cresce ipnotica su note di synth per finire trafitta da una stilettata psichedelica di chitarra, mentre la successiva “Seeker of Sonic Auras” va disciogliendo propulsioni kraute in una nebulosa di acido corrosivo. Ancor più vigorosa la prova di Be Invisibile Now!, il cui afflato cosmico deflagra nel trip industriale de “I fiori devono morire” e nel percussivismo da day after de “L’ultimo giardino dietro la chiesa”. Non ci sono dubbi, un altro centro pieno per l’etichetta di Castelfranco Veneto!
Autore: Guido Gambacorta
www.boringmachines.it – www.myspace.com/boringmachinestv