Oscar Peterson Jam – Montreux ‘77
Venne al produttore Norman Granz l’idea di unire sullo stesso palco il trio del gigante canadese Oscar Peterson (nella foto) con tre monumenti della storia del jazz: Dizzy Gillespie, Clark Terry e Eddie “Lockjaw” Davis. Ne scaturì una jam session esaltante che, la sera del 14 luglio 1977, illuminò il cielo di Montreux.
Rileggere oggi quell’incredibile pagina di musica trasmette ancora forti emozioni. Non tanto per quello che l’evento rappresentò dal punto di vista storico ma per la reale densità delle vibrazioni prodotte dai sei.
Il cd della serie Original Jazz Classics (Pablo records) racchiude cinque brani eleganti, pieni di spunti suggestivi e di grande creatività. Sia per la maestosità dei tre fiati, che si alternano senza accapigliarsi durante l’esecuzione delle suites, e sia per l’incredibile affinità che Peterson ha in quel preciso momento con le corde del contrabbasso di Niels Pedersen e i piatti di Bobby Durham.
Il pianista apre inizialmente i temi (come nella splendida Ali and Fraizer), ben sorretto dalla sezione ritmica, e lascia successivamente spazi invitanti per Gillespie e soprattutto per un Davis inaudito (il suo intervento in If I were a bell è qualcosa d’inarrivabile bellezza). Ogni assolo assume le fattezze dello slancio unico, inimitabile. Peterson si concede anche qualche lunga cascata di note per rimarcare la sua leggerezza di movimento sulla tastiera e per cercare di ribadire quel ruolo di leader naufragato in un mare melodico paritario.
Ne sono passati molti di anni ma capolavori come questo si fanno ancora apprezzare per freschezza ed intuizione e soprattutto per le doti straordinarie degli interpreti.
Eric Dolphy Quintet – Outward Bound (1960) (Prestige)
Anche se non ha fatto in tempo ad esprimere tutta la sua saggezza musicale ed a mostrare la totalità della propria statura tecnica, Eric Dolphy viene ugualmente considerato uno dei più grandi talenti che la storia del jazz abbia mai visto.
Questo grazie ad episodi rilevanti come “Outward bound”, il primo disco inciso a suo nome dopo un lungo periodo passato alla corte di Chico Hamilton.
Sei tracce che mostrano la duttilità e l’agilità espressiva di Dolphy e del suo compagno di ventura, il trombettista Freddie Hubbard che, alla pari del leader, si esprime su livelli straordinari.
I due veleggiano in una musica ispirata composta da lunghi assolo, passaggi melodici vibranti e un incredibile telepatia. Dolphy inventa e spazia senza batter ciglio dal clarinetto al sax, arricchendo le linee flessuose di Hubbard nella strepitosa “Green Dolphin street”, producendo un’onda anomala di note nell’omaggio al trombonista Lester Robinson in Les e suonando anche un flauto appassionato in “Glad to be happy”.
I due fuoriclasse guidano l’intero quintetto in quest’appassionante session nella quale partecipano con interesse il roccioso contrabbassista George Tucker (mai vorremmo, anche solo per un istante, essere al posto di una sua corda), il rigoroso drummer Roy Haynes e Jackie Byard al piano che, senza sfigurare, si ritaglia anche qualche piccolo scampolo di gloria.
Teniamoci dunque stretto questo gioiello tecnico che, a distanza di quasi mezzo secolo, riesce ancora ad affascinare e ad entusiasmare.
Autore: Roberto Paviglianiti
www.oscarpeterson.com