Salutiamo la nascita di Canebagnato, etichetta milanese che offre rifugio a malinconici folk-singers ed impavidi indie-rockers. Volete saperne di più? Allora leggetevi l’intervista realizzata con il titolare della label, Nicola Manfredi, e date un’occhiata ai primi 3 titoli in catalogo… Gooooooooooooooo!
Ciao Nicola, ci racconti quando e come è nata la Canebegnato Records?
La Canebagnato nasce un po’ per caso la scorsa primavera. Principalmente per tre motivi: la conclusione dell’esperienza mia e di Caterina (la seconda “testa” del progetto) con una telestreet/laboratorio video all’interno della Stecca degli Artigiani, a Milano, poi l’incontro con i Don Quibòl e in particolare con Christian Alati, un grande musicista e un’ottima persona che, oltre a suonare, ci offre un preziosissimo supporto tecnico e infine sicuramente il desiderio di dare uno sfogo attivo ad una lunga “carriera” di semplice appassionato di dischi… L’idea era (ed è tuttora) quella di mettere insieme le diverse competenze per costruire una piccola realtà più o meno autosufficiente a livello economico ed offrire un supporto ad artisti che noi riteniamo molto validi. Le nostre possibilità sono, per forza di cose, limitate e la Canebagnato rimane un’etichetta “fatta in casa”, ma in fondo a noi piace così!
A cosa si deve il nome dell’etichetta? E di chi è opera il fantastico logo scelto per rappresentarla?
Il logo, come tutte le grafiche dell’etichetta (album, sito, flyer, ecc…), è opera della fervida creatività di Caterina. Teniamo molto all’aspetto grafico ed “esteriore” dei lavori che pubblichiamo perché rimaniamo convinti che l’album “fisico”, in quanto opera d’arte completa, mantenga e manterrà sempre un fascino e un impatto che la musica in formato digitale non potrà mai raggiungere. Forse sarà un atteggiamento “nostalgico” ma vuoi mettere la differenza tra quello che “comunica” un vecchio LP rispetto al nome di un file sullo schermino dell’i-pod? La scelta del nome è stata una naturale conseguenza dell’immagine, cercavamo qualcosa che la rappresentasse ed è venuto fuori “Canebagnato”. Ci è piaciuto e ce lo siamo tenuti… e ne siamo orgogliosi!
Quante persone lavorano attualmente insieme a te dietro la sigla Canebagnato? Siamo principalmente io e Caterina a seguire il progetto (io per la parte organizzativa e lei per le grafiche e tutto il resto). Però possiamo contare sul fondamentale appoggio di molti amici, vecchi e nuovi, che ci supportano per banchetti, trasferte, promozione, contatti, ecc… E poi gli artisti: tutti collaborano, ognuno a suo modo.
Quali sono le difficoltà maggiori che incontra un’etichetta neonata che si affaccia sul mercato discografico italiano?
Il mercato musicale italiano è da qualche anno davvero un po’ asfittico per cui la difficoltà maggiore è quella di ricavarsi il proprio spazio e farsi conoscere. I nodi più complessi sono indubbiamente la distribuzione e il booking: è molto difficile promuovere artisti non conosciuti anche se di talento. Molto dipende anche da quali obiettivi ti poni. A noi finora è andata benissimo, molto al di sopra delle aspettative iniziali, un po’ perché abbiamo evidentemente azzeccato le scelte, un po’ per fortuna (e un po’ perché il logo piace molto!) ma se il nostro scopo fosse di guadagnarci o addirittura di viverci ti farei tutt’altro discorso, probabilmente non avremmo nemmeno iniziato!
Quali sono le etichette italiane e straniere che segui con particolare attenzione e che stimi maggiormente?
Apprezzo e seguo le etichette con una propria personalità ben definita. All’estero sicuramente Constellation e Young God su tutte. In Italia, oltre alle “storiche” (Ghost, Wallace, Homesleep) tutte le piccole realtà che stiamo incontrando man mano sulla strada (Ribess, Onthecamper, Grey Sparkle, Bar la Muerte…) ognuna con la sua storia e le sue idee alle spalle.
Il disco che ti ha cambiato la vita?
Potrei farti dei nomi (Syd Barrett, Nick Cave, Faust, Silver Mt. Zion) ma in realtà, ora come ora, il disco che mi ha cambiato (e riempito!) la vita è sicuramente “The Restless Fall” e tutto quello che ne è seguito!
Quali sono i requisiti richiesti a chi fosse interessato ad inviarvi un demo? Per me è fondamentale l’”attenzione” con cui viene presentato il proprio lavoro: anche senza spendere troppo si possono fare dei promo molto belli e curati, sia a livello di qualità delle registrazioni che della confezione. Questo, oltre a permettermi di farmi un’idea più completa su chi “mi sta di fronte”, mi dà la garanzia che anche in seguito le cose verranno fatte e seguite in un certo modo. (Invece i CD-R con numero di telefono scritto a mano finiscono regolarmente in fondo alla scatola!) Poi naturalmente operiamo delle scelte artistiche in base ai nostri gusti, alla linea che intendiamo dare all’etichetta ed è importante che ci sia una certà affinità personale, perché gli artisti con cui collaboriamo sono soprattutto dei buoni amici con cui condividere un progetto.
Progetti per il 2007?
Stiamo lavorando per promuovere gli ultimi due lavori, Mauve e Don Quibòl. Il 9 febbraio inizia il piccolo tour acustico che abbiamo organizzato con Paolo Saporiti, Green Like July e eSMEN e che passerà da Genova, Milano e Alessandria. Sempre a febbraio inizieremo a collaborare con una nuova rivista di Bologna (PuntoGif) per cui dovremmo curare un box. In primavera stamperemo il nostro quarto album, il debutto di Gabriel Sternberg, talentuoso quanto eccentrico cantautore italo-tedesco, sono convinto che sarà un disco davvero speciale. Siamo entrati in contatto con un gruppo romano di cui vorremmo pubblicare l’esordio ad autunno. In questo periodo stiamo iniziando delle interessanti collaborazioni con realtà all’estero sia americane (abbiamo appena stretto l’accordo con la Max Recordings, etichetta di Little Rock, Arkansas) che europee. Poi, all’inizio del 2008 uscirà l’esordio su album dei Mauve e probabilmente il secondo di Paolo, poi nel 2009… insomma ci sono un bel po’ di cose in ballo!
Guida all’ascolto:
Paolo Saporiti – The restless fall (Canebagnato Records)
“The restless fall” è un disco altamente poetico nella sua disarmante semplicità: una chitarra acustica e pochi lenti accordi, un microfono e la calda vibrazione di una voce. Un solo episodio elettrico (con la chitarra aggiuntiva di Christian Alati, anche responsabile della produzione) per un canzoniere che farà venire gli occhi rossi a tutti gli appassionati di Nick Drake, alimentato com’è da profondo senso di smarrimento, doloroso distacco dagli affetti, inconsolabile quanto indefinibile nostalgia per ciò che è andato perduto e non potrà più essere.
Inutile citare un titolo piuttosto che un altro (potrei anche dirvi che “Seen my child”, “My fingertips”, “Raw man” e “Indeed” sono brani di un’intensità straordinaria), perché sarebbe come strappare le pagine di un diario intimo prima ancora di averlo letto nella sua interezza…
La bella confezione cartonata, che include la versione originale dei testi in inglese più relativa traduzione in italiano, rappresenta l’ideale completamento grafico della materia sonora, con una civetta che occhieggia solitaria dalla cima di un albero rinsecchito e foglie rosso fuoco trascinate via dal vento a preannunciare l’arrivo dell’inverno.
Don Quiból – S/t (Canebagnato Records)
E dietro la ragione sociale Don Quiból ritroviamo proprio Paolo Saporiti alla voce e alla chitarra acustica, affiancato da Christian Alati (basso, chitarre elettriche, piano) e Lucio Sagone (batteria e percussioni), entrambi reduci dall’esperienza dei Cods e di recente entrati stabilmente nell’organico dei Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo.
Il terzetto dà alle stampe un omonimo disco di debutto che sa essere fin da subito accattivante ma che possiede pure il necessario peso specifico per non essere dimenticato dopo pochi ascolti. Indiscutibili capacità compositive e grande cura negli arrangiamenti per un pugno di canzoni rock che si nutrono di nostalgie folk, di lontane suggestioni morriconiane e di folate psichedeliche, talvolta andando più nettamente in direzione post-grunge, con il Mark Lanegan solista e gli Alice in Chains di “Jar of flies” come possibili riferimenti o, sommando il primo ai secondi, con i Mad Season di “Above” nel cuore….
Un suono caldo, ora graffiante (“Human perversion”) ora carezzevole (l’ottima “Red eyes”), a contraddistinguere un gruppo che sicuramente in futuro avrà ancora molto altro da dire.
Mauve – Sweet noise on the sofa (Canebagnato Records)
L’ultima scommessa della Canebagnato è rappresentata dai Mauve, terzetto di Verbania composto da Carlo Tosi (voce, chitarra), Alberto Corsi (chitarre, glockenspiel) ed Elda Belfanti (batteria, samples), qui all’esordio con un ep quattro tracce (più refrain del quarto brano in appendice).
“Miles Davis” in apertura è uno strumentale che amplifica in chiave rock il Miles Davis elettrico di “In a silent way” (appunto…); “Keep me warm” è bucolico intreccio di accordi, dolcezza lirica ed esplosione finale di chitarre in pieno stile Mogwai periodo “Rock action”/“Happy songs for happy people”; “Mauve paranoid” è un’intrigante cavalcata sonica sporcata da campioni vocali; la conclusiva “Autumn leaves” è una gustosa pop-song in salsa psicadelica.
Manca ancora qualcosa in termini di originalità – per quel poco sentito finora i modelli Sonic Youth e soprattutto Mogwai appaiono ben presenti e non rielaborati in chiave del tutto personale – ma sulla base di diversi spunti interessanti il giudizio globale è comunque positivo e i margini di maturazione sono senz’altro molto ampi trattandosi di un giovane gruppo che sta appena muovendo i primi passi.
Autore: Guido Gambacorta
www.canebagnato.org – www.mauvemusic.blogspot.com/