Il grande ritorno dei Radio Birdman in Italia, con due show mozzafiato, è coinciso con l’emissione discografica di uno splendido sette pollici, in vinile rosso, da parte dell’etichetta americana Steel Cage. Due brani d’esplosivo hi-energy rock’n’roll nella migliore tradizione della formazione di Sydney. La title-song “Hungry Cannibals” è una versione senza intro del brano che appare anche su “Zeno Beach”. La vera sorpresa però si trova sulla “flipside”: si intitola “Rock Bottom” ed è un’outtake che avrebbe meritato di comparire sull’album: si tratta infatti di un corposo mid-tempo r’n’r, dagli effluvi pianistici, con un Rob Younger letteralmente ispirato alla voce.
E i Radio Birdman possono anche considerarsi i padrini del gruppo “aussie” dell’anno: The Dead Set. Non solo per l’inevitabile influenza musicale, ma anche perché il leggendario Rob Younger ha prodotto il primo album del quartetto di Wollongong, “Bitter…Swill”. Materiale altamente infiammabile. Dodici canzoni di rock’n’roll chitarristico e impattivo che possiedono la forza di un tornado. Vedi l’iniziale “Suburban Cowboy” oppure “Rock’n’Roll Rip Off” e la conclusiva “Rocket Rider”. Ma non mancano momenti più lirici e oscuri come i mid-tempo di “Drifting Dead Beats” o di “Destruction Hill”, che rimanda a certe atmosfere dei Freeloaders di Gay Lucas. Post scriptum: i Dead Set sono alla ricerca di una licenza europea, le etichette interessate a pubblicare il loro disco nel Vecchio Continente si facciano sotto!
Un’altra bella sorpresa proveniente dalla terra dei canguri risponde alla sigla di Dolly Rocker Movement. In attività dal 2002, e con una reputazione in rapida ascesa, la formazione di Sydney giunge ora al debut-album grazie all’attenzione dell’intraprendente Off The Hip. “Electric Sunshine” è uno splendido concentrato di 60’s sound che non fa mistero di abbeverarsi alle fonti del passato: dai Seeds ai Love, passando per i Pink Floyd di Syd Barrett e le malie folky di Donovan. Il risultato è un lavoro affascinante che in tredici brani (comprese le due bonus-tracks) declina un universo magico e misterioso, e volutamente retrò, come dimostrano le belle “In my mind, in my words & in my heart”, “Go Go Getter”, “Steam Train Blues” e “Sorry”.
Da due band emergenti passiamo a un nome leggendario dell’aussie-rock, quello degli Hard-Ons. Festeggiati quest’anno i 21 anni di attività con un esteso tour, che vedeva in formazione anche il batterista originale Keish (ma nelle vesti di cantante, e solo per alcuni brani), il terzetto di Sydney ha deciso di regalarsi un nuovo album: “Most People Are A Waste of Time” (Bad Taste). Che, a differenza del deludente “Very Exciting” del 2003, è un ottimo disco. Lasciate da parte le contaminazioni metal e crossover, gli Hard-Ons sono tornati a fare quello che riesce loro meglio: brani leggeri e dall’impatto diretto. Pop-punk con melodie a presa immediata, come nel singolo “There Goes One Of The Creeps…”, nell’incisiva “I’ll get trush or something” o nella spettacolare “Stop Crying”. Davvero un gradito ritorno.
Chi invece non ha mai smesso di regalare emozioni è il leggendario Dom Mariani che sta vivendo una sorta di seconda gioventù. Adesso torna per l’ennesima volta alla ribalta per lanciare il secondo album dei suoi Majestic Kelp, progetto parallelo condiviso con Stu Loasby, Robbie Scorer e Tobias Gosfield. “Music To Chase Cars By” (Head Records) prosegue il cammino laddove il precedente “Underwater Casino” lo aveva lasciato. Ovvero una raccolta di brani strumentali, 11 per l’esattezza, assai cinematografici e di grandissima classe. A partire dall’iniziale “Driving South”, dagli umori sudisti e rilassanti, si snoda un percorso che tocca il surf (“Occhilupo”, “Kelp Are Go”, “Moondozer”), incontra il blues in “Red Road Speedway”, prima di perdersi in ambientazioni da fumoso club notturno al suono di un sax selvaggio nella splendida “Run Cheetah Run”. Un’altra vetta dell’album è lo swamp-blues psichedelico di “Swampwater Drive” che rimanda alle cavalcate dei Creedence in “Bayou Country”. Oppure la conclusiva e ipnotica “Black Impala”: surf notturno che si apre a contaminazioni garage e R&B, con il sax e un organo Farfisa a menare le danze.
Dal presente al passato di Dom Mariani il passo è breve grazie all’etichetta Half A Cow che rimette in circolazione il suo gruppo più smaccatamente pop, i fantastici Someloves. A dispetto di una copertina francamente brutta, il contenuto di “Don’t Talk About Us” è spettacolare. Si tratta di due CD che contengono l’intero universo sonoro del duo australiano. Vale a dire l’album “Something Or Other” (1990) – interamente riproposto nel primo disco – e tutti i singoli del gruppo che invece appaiono sul secondo. Inutile dire che la vetta dell’album è rappresentata dalla title-song, un classico del power-pop mondiale: “Don’t talk about us”. Ovvero la perfetta sintesi di melodia e ritmo in due minuti e mezzo. E poi le splendide “Melt”, “It’s My Time”, “Know You Now”, “Sunshine’s Glove”, “Little Town Crier”. Se a tutto ciò si aggiunge un esaustivo libretto di 34 pagine, è facile intuire che si tratta di un disco effettivamente imperdibile.
Chiudiamo con un’altra ristampa, sempre a cura di Half A Cow: una doppia raccolta degli Smudge, terzetto australiano in attività negli anni ’90. Il primo CD contiene per intero l’album “Manilow” del 1994: 21 brani di indie-rock chitarristico, sempre in bilico tra melodia e chitarre distorte, che riscossero un certo successo anche in Europa (il disco venne pubblicato dalla Domino). Su tutte spiccano le belle “Ingrown”, “Superhero”, “”Down About It” e “Divan”, sulla scia di Dinosaur Jr e Lemonheads. Il secondo dischetto racchiude invece 17 canzoni: sei brani acustici, provenienti da alcuni demo del songwriter e chitarrista Tom Morgan, e ben undici live tratti dalla trasmissione radiofonica “Live-At-The –Wireless” dell’emittente locale Triple J. Un gruppo da (ri)scoprire.
Autore: Roberto Calabrò
www.myspace.com/thedollyrockermovement www.hard-ons.net www.dommariani.com www.myspace.com/smudge