Cosa si può dire di un personaggio e un musicista di cui è stato già detto tutto? Beh, forse che questo Glitter and Doom, nonostante la più che trentennale carriera dell’ormai sessantenne Tom Waits, è soltanto il secondo album ufficiale dal vivo della sua carriera, a vent’anni e più da Big Time del 1988.
Ma non pensate di aspettarvi un greatest hits dal vivo dei suoi migliori pezzi: nel senso che in queste 17 canzoni eseguite in dieci diverse serate del suo ultimo tour del 2008 la selezione è precisa e forse anche un po’ drastica (ed è curata da Tom in persona): niente di pescato dagli album degli anni ’70 (nemmeno da Blue Valentine), niente da Heartattack and Vine, niente da Swordfishtrombones o Franks Wild Years (gli album più noti e belli degli anni ’80), insomma niente di vecchio né tantomeno di classico. Tutta la scaletta è tratta dagli ultimi lavori, da Singapore che proviene da Rain Dogs del 1985, fino a pescare molto da Bone Machine del 1992 con Dirt in the Ground, Such a Scream, e Goin’ out West o The Black Rider con I’ll Shoot the Moon o Lucky Day, con molto spazio ovviamente agli ultimi, Blood Money, Alice, Real Gone e Orphans: Brawlers, Bawlers and Bastards, tutti degli anni 2000.
Quasi una testimonianza testarda del fatto che il talento non si è spento come capita ai più, insieme forse alla provocazione di uscire fuori dai soliti clichè del tour preconfezionato con una lista di successi che tutti cantano a squarciagola. No, Tom Waits va ascoltato, gustato, celebrato e “bevuto” fuori dai clamori, e i bassifondi e i personaggi improbabili strambi e stralunati che ha sempre cantato non si prestano ai cori da stadio.
La selezione comunque risponde bene al criterio della varietà: dai blues dinamici di Lucinda / Ain’t Goin Down (Birmingham – 03/07/08) e Singapore (Edimburgo – 28/07/08) alle ballate malinconiche come Fannin Street (Knoxville – 29/06/08) e Falling Down (Paris – 25/07/08), dai foschi quadretti suburbani di Dirt In The Ground e Such A Scream (entrambe prese dai concerti di luglio a Milano) ai toni più visionari e onirici di The Part You Throw Away (Edimburgo – 28/07/08) e Trampled Rose (Dublino – 01/08/08), e il lavoro e l’originalità del più assurdo dei cantastorie musicanti dei nostri tempi ne esce premiato e rinvigorito.
Aggiungeteci ben quaranta minuti di Tom Tales, ovvero storielle da lui raccontate a metà fra musica e teatro durante il tour, fra bizzarri racconti su ratti ragni e avvoltoi fino a ironie sui cinesi e autoironia su se stesso), e il quadretto è completo. L’album non ha certo l’ambizione di far conoscere completamente Waits a chi vi si accosta per la prima volta, ma di farlo amare a tutti, neofiti e non, certamente sì. Del resto, come non si può non amare (musicalmente e in generale) un uomo che ha creato un genere e lo ha poi percorso praticamente da solo senza emulazioni per trent’anni suonati? Come si può non amare un’autentica leggenda dei giorni nostri, una figura che si stenta a pensare musicista al piano durante gli anni ’80 del trionfo dell’elettropop?
Amatelo e godetelo quindi, come storyteller, incantatore, indagatore dolce inquieto e sofferente degli abissi della città e del proprio ego.
Tom Waits – Glitter and Doom Live from Anti Records on Vimeo.
Autore: Francesco Postiglione
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